Ho un debito nei confronti del nostro pianeta. Ognuno di noi lo ha ma magari non se ne rende conto. E’ un debito di profumi.

Profumi che sono entrati nella nostra vita magari quando eravamo piccoli, quando la cera del nostro sigillo era ancora molle, e sono rimasti impressi nella nostra memoria per sempre.

Ognuno ha i suoi. Esiste naturalmente una gamma comune, odori che sono universalmente riconosciuti come profumi e che appartengono ad una percezione specifica di questo modo di comunicare del nostro pianeta.

Una specie di bouquet collettivo che tutti gli uomini sono in grado di riconoscere e che, probabilmente, ci portiamo già dentro il nostro codice genetico.

Ma poi ci sono gli odori personali, quelli che definiscono una specie di contratto privato fra noi e il pianeta e che ci sono dati in un  tempo imprecisato affinché noi, in un altro tempo, li si possa restituire pagando un interesse per come noi uomini siamo capaci di fare: attraverso le parole.

Ed io stamattina voglio provare a restituire un pezzetto del mio debito.

Non è questo il giorno in cui pagherò il mio debito per il profumo della salsapariglia in fiore in un settembre appena fresco allo Zingaro. E nemmeno pagherò oggi il debito che ho accumulato riempiendomi avidamente i polmoni con il profumo dei fiori del nespolo nella piana di Trabia. Profumo che ho scoperto, anni dopo, essere perfettamente imprigionato nel miele che le api traggono da quel fiore e che solo raramente mangio, perché non può essere ogni giorno novembre, e non si possono avere ogni giorno 5 anni, e non ci sono più i miei nonni a chiamarmi in fondo al frutteto ché si sta facendo tardi, e la domenica sta finendo e bisogna rientrare in città.

Non è questo il giorno in cui proverò a restituire ciò che generosamente mi è stato dato permettendomi di scoprire il profumo dell’acqua e dei muschi nelle gole fluviali della mia terra, li dove la cascata si rompe sui massi e e diventa difficile distinguere ciò che è roccia da ciò che è acqua. Né oggi restituirò con le parole il dono che mi è stato fatto nelle grotte profonde dove non arriva la luce eppure il poco del nostro respito riesce ad attivare perfino la polvere, perfino il fango sterile e a far nascere fragranze ctonie.

Non offrirò oggi al pianeta il mio tributo per il dono della geosmina che ha fatto di tutte le serre del mondo il luogo in cui quel profumo, soltanto quello, è in grado di restituirmi, fossi anche dall’altra parte del pianeta, per un attimo l’odore di casa.

Oggi sono qui per ripagare il mio debito per l’odore dei pioppi.

Ché durante le mie prime 12 estati era l’odore. Era il profumo che mi accoglieva nel “parco” la mattina, che mi accompagnava nella strada per “l’Acqua” durante il giorno, che mi salutava alla sera al mio rientro nel “mondo normale”.

Ed io solo di quel profumo mi deliziavo, e sotto i pioppi mi stendevo e con le braccia larghe in quell’abbraccio “riverso” percepivo con chiarezza il mio precipitare attraverso l’universo in groppa alla mia navicella di vita. E lo stormire delle foglie dei pioppi sopra di me me ne davano conferma.

Ho piantato tre pioppi vicino alla casa che oggi abito. Diversi nella specie da quei pioppi tremuli che hanno dato ombra alla mia infanzia, identici nella loro capacità di donare l’argento al vento.

Sono tre pioppi incongrui, in un luogo che non narra la loro storia. Eppure il vederli, il sentire ancora, lieve, il loro profumo mi da gioia.

E in mattine come queste, quando Veronica mi chiede di stendere le lenzuola sulla ringhiera, io, zitto, mi premuro affinché il tessuto strofini bene sulle foglie ancora verdi perché so, che in una delle notti che vengono, a me solo percettibile, il pianeta mi farà ancora il dono di una briciola d’estate.

8 pensieri su “Onorare i debiti

  1. Io ho una memoria per i profumi…quelli della terra, dell’Universo, il mio, di quando ero piaccola, di adesso…Il mio debito verso la natura è fare in modo che non scompaiano, in me e in chi verrà dopo di me.

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