Questo post è per il mio Cesare nel giorno del suo nono compleanno.
Dicono che noi due ci somigliano.
Dicono che quando vedi le mie foto da piccolo pensi che siano tue.
A me però tu sembri molto più bello di quanto io non sia mai stato, più leggiadro, più significativo.
Dicono che il tuo sguardo assomigli al mio in certi momenti.
A me il tuo sembra molto più profondo, certamente più inquietante, infinitamente più appuntito.
Dicono che le nostre mani si assomigliano ma a me sembra che le tue siano molto più fini, più adatte al fare e a compiere gesti inusitati, più capaci di carezze delle quali io non sono mai stato capace.
Dicono che quando ti muovi e cammini mi assomigli.
Ma di sicuro con quel passo, che forse è simile al mio, andrai in luoghi e percorrerai strade che io non riesco neanche ad immaginare.
Eppure c’è qualcosa in cui veramente ci assomigliamo e di cui forse nessuno si è accorto ancora: un rispetto ed un amore assoluto per la vita.
Nella foto l’aiuola che l’altro ieri, durante il nostro campo al fiume, hai voluto creare attorno ad una piantina in un angolo non meglio definito del mondo selvaggio.
Quella pianta ti aveva colpito, come accade sempre con tutti gli esseri viventi più afflitti e sgarrupati che popolano quest’angolo dell’universo e che, in una maniera o in un’altra, entrano in relazione con te. E dopo avere fatto l’aiuola le hai dato acqua diverse volte. Senza troppa enfasi, senza retorica, riparo ed acqua perché di questo ti sembrava avesse bisogno in quel momento. E diverse volte acqua le ho dato anche io, di nascosto. Perché già pensavo, inevitabilmente pensavo, pensavo perché tu mi ci avevi fatto pensare che di li a poco saremmo andati via e chissà per quanto tempo ancora non avrebbe avuto acqua.
Il dispositivo della compassione, del quale entrambi siamo dotati, una volta che comincia a funzionare non smette più, sappilo Amore Mio.