Proprio davanti la porta di casa mia, li dove comincia il giardino, l’uno all’altro abbracciati, crescono un mirto ed un pesco.
Il mirto apparteneva alla mia collezione in vaso di piante recuperate chissà dove. Riempivano la terrazza della casa del tempo in cui vivevo in città e non avevo un giardino.
Il pesco deve invece essere il risultato di qualche sgranocchiamento bambinesco che si è inevitabilmente concluso con espulsione in campo del seme che ha poi prodotto la pianta.
Una prima interpretazione romantica di questa loro relazione mi porterebbe a dire che i due sono legati da un rapporto simbiontico.
Ma è evidente che così non è. Il mirto è troppo sottomesso al pesco. Tira fuori ogni anno una bella fioritura ma poi l’ombra prodotta dal pesco fa sì che le bacche vengano su striminzite e le foglie, con il procedere della stagione, si ricoprano di una fumagine grigia e perniciosa che da la sensazione che il mirto non arriverà all’anno successivo.
Il pesco di suo parte ogni primavera con le migliori intenzioni. Seppure un po’ troppo sfilato, ci regala una bella fioritura. Ma poi, evidentemente, il mirto, con il quale condivide uno spazio esiguo, lo priva delle risorse necessarie per portare avanti la maturazione dei frutti che al tempo giusto risultano bitorzoluti, stentati, troppo propensi alla cascola.
Da quello che ho scritto si sarebbe allora portati a pensare che il loro sia un rapporto parassitico.
Nonostante il mio pessimismo leopardiano in questo campo e le mie competenze agronomiche non posso credere che sia così.
I due resistono meglio ai venti impetuosi che spesso sconvolgono il mio giardino grazie proprio al loro essere così vicini, quasi intrecciati l’un l’altro.
Immagino che anche le loro radici affondino in strati diversi del suolo garantendo loro una maggiore presa ad una realtà pedologica incerta e sconosciuta.
L’uno fornisce ombra all’altro nei giorni di canicola. L’altro, con il suo portamento cespuglioso, fa si che l’acqua si accumuli nel terreno e non evapori con tanta facilità nemmeno nelle giornate di grande calura.
Il pesco ogni volta che si spoglia delle sue foglie e dei suoi frutti “non risolti” regala al mirto sostanza di cui nutrirsi.
Il mirto attira su di se parassiti che per quella stagione risparmieranno il pesco.
Si dividono la luce e così d’inverno il mirto cresce traendo beneficio dal sonno del pesco, e il pesco cresce d’estate togliendo al mirto quella “troppa luce” che potrebbe danneggiarlo.
Non sono in simbiosi. Non si parassitizzano a vicenda. Non assisteremo mai al miracolo dell’autoinnesto perché appartengono a due specie diverse. Non ci sarà nessun effetto allelopatico perché sono “brave piante” che non emettono veleni nel terreno.
Credo che alla fine “convivano”.
Mi sa che nel raccontare questa storia sono partito con una bella verve agronomica e ho finito per incartarmi in una metafora matrimoniale.
Oggi gira l’ amore… bello bello bello così 😀
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a dimostrazione del fatto che l’amore è anche tanto “adattamento” (che va bene sia per una lettura psicologica che per una ecologica)
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Non può che risuonarmi la bellissima poesia di equilibrista… ne sono assolutamente convinta (dopo due matrimoni… spero nell’ eventuale terzo ahahahahah:-D) 😀
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non ricordo la poesia…
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Magari non l’ hai semplicemente vista 😀
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mi sa…
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😀
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Fantastica metafora. A volte i pensieri si fanno trasportare dalle visioni, e se uno sa scrivere così nene come te, nasceranno frutti bellissimi anche nell’incrocio di queste due piante. L’amore non verrà certo ostacolato dalla scienza.
Ciao.
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che poi se uno ci pensa bene anche la scienza (quella vera) è un grande atto d’amore…
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Hai pienamente ragione!😊
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Ho goduto davvero de a lettura di questo bel racconto, la fantastica avventura di due alberi “condannati” a farsi compagnia per tutta la vita, con i vantaggi, svantaggi e le limitazioni che ne conseguono. Bello!
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grazie…ma davvero era nato per essere altro…ma quando si comincia non si sa dove si va a finire…
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Il ventaglio delle possibilità che si apre. È il bello dello scrivere!
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credo di si…
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Nel mio giardino, invece, si sono abbracciati un cipresso e un bagolaro e convivono in simbiosi da ormai moltissimi anni.
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Mentre leggevo le tue parole sono arrivata alla tua stessa conclusione…quale miglior descrizione dell’amore? 🙂
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e ti assicuro che anche a me questa considerazione è venuta fuori scrivendo…non avevo questa intenzione all’inizio…
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A questo punto venuto fuori questo epilogo, ti chiedo chi identifichi come mirto e chi come pesco.
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nei ruoli ci si alterna sempre…tu?
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È vero che ci si alterna ma tu mi sembri più il pesco… non so bene perché.
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non c’è dolo mia adorata
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L’ha ripubblicato su adoraincertabloge ha commentato:
Il mio pesco/sequoia (lo chiamo così perché incastrato fra il nespolo, il leccio e la palma ha dovuto sviluppare un’altezza e un portamento che poco corrispondono alla sua specie) mi regala ancora un’altra fioritura. Forse è il momento di ripescare una breve storia che mi ha ispirato qualche anno fa.
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