A pensarci bene non c’è sport che non sia competitivo. Una competizione a squadre, una competizione fra due persone che si fronteggiano, magari anche solo una competizione con se stessi per superarsi, per infrangere un record, ma sempre di competizione si parla.

Qualcuno di voi conosce uno sport che non sia competitivo e che sia invece cooperativo?

Non parliamo poi degli sport che prevedono l’uso di una racchetta. Il tennis, il ping-pong, il badminton, sono sport non soltanto competitivi ma che in maniera palese simulano la guerra. Due territori contrapposti nei quali l’avversario non può mettere piede, un confine invalicabile che li divide (che nel caso del tennis può essere attraversato solo dal vincitore con abile salto), gli avversari che brandiscono una specie di arma da usare alternativamente per la difesa o per l’attacco, una pallina/bomba che, se cade su uno dei due campi senza che il “proprietario” sia in condizione di respingerla prontamente, determina la disfatta del malcapitato.

Solo competizione quindi e a volte persino una simulazione bellica a rendere ancora più cruento e ferale lo scontro.

Chi mi conosce personalmente o attraverso la lettura del mio blog sa che sono sempre alla ricerca di qualche cosa che serva a cantare una nuova epica di pace, di qualche cosa che metta al bando le solite dinamiche competitive, all’interno delle quali siamo quotidianamente immersi, e si apra a logiche nuove di cooperazione e solidarietà che secondo me sono le premesse per la nascita di un uomo e di un mondo nuovo.

Ero immerso in questi pensieri mentre l’altro giorno in spiaggia vedevo due attempati e panzuti signori cimentarsi in quel gioco a tutti noto, e da molti vituperato, conosciuto come “racchettone”. E mentre li guardavo prodursi in improbabili piroette e tuffi mi sono reso conto che un gioco non competitivo ma cooperativo esiste e si gioca pure con le racchette e che questo appunto è “il racchettone”.

Un gioco senza un limite di campo, senza un confine di rete, nel quale sarebbe facilissimo, grazie ad una battuta sghemba o un colpo lungo, far si che il tuo “avversario” non riesca a rinviare la palla. Ma il punto è proprio quello! Nel racchettone l’obiettivo non è quello degli altri sport, ovverosia quello di vincere, tu o la tua squadra, ma quello di fare assieme, tu e il tuo compagno (e non avversario), il maggior numero di passaggi possibile.

Nel racchettone quindi ognuno deve fare in modo che, tolti la fortuna incerta e il destino baro, al proprio compagno giunga una palla mansueta da restituire nel maniera più pervia possibile affinchè lo scambio continui possibilmente all’infinito.

I sodali del racchettone perseguono un scopo comune, non si contendono nulla, non competono per nulla, assieme tentano di raggiungere un obiettivo che soddisfi entrambi.

Io credo per questo che “il racchettone” meriti a pieno titolo di diventare lo sport mondiale per eccellenza, da insegnare nelle scuole, da diffondere capillarmente, metafora di uomini che non si combattono l’un l’altro ma che assieme fanno di tutto affinché quella “bomba sferica” lanciata da non si sa chi non cada sulla supefice del nostro pianeta e che questo si salvi.

Io credo che il racchettone meriti dei luoghi appositi dove tutti gli uomini di buona volontà possano esercitarsi nell’unico sport cooperativo che conosco, a beneficio del mondo, dell’umanità e dei bagnanti che amano stare in santa pace sulla battigia.

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