Il senso del presepe

Il senso del presepe

Il senso del presepe si coglie più nel disfarlo che nel comporlo. Mentre lo fai tutto ti sembra incongruo, un assemblaggio improprio attuato a partire da pezzi che non appartengono allo stesso disegno, allo stesso progetto. Metti tutto assieme nel tentativo di creare un paesaggio, di trasformare quello che fino a poco fa erano elementi disomogenei in una storia.
Alla fine, come ogni volta e rispettando quello che è rito nel rito, dirai che bello come quest’anno non è venuto mai, ma dentro lo senti che solo l’erba e il muschio disposti strategicamente coprono i buchi di qualche cosa che non è struttura ma semmai racconto stentato. Poi passano i giorni, il presepe diventa prima di tutto elemento componente la casa. Smette quasi subito di essere corpo estraneo e si annida in un angolo dal quale comincia a produrre i suoi effetti. Le luci accese di sera, Gesù e i Re Magi a tempo debito, lo sguardo, tuo e dei bambini, che indugia su quello che non è già più il pezzo o il personaggio ma che ha cominciato a configurarsi come una scena: il pescatore che cala la sua lenza nel laghetto, la signora che vende le verdure e accanto a lei il venditore di angurie (che mai e poi mai si sarebbero incontrati visto che lei arriva in tempi recenti da un negozietto di Spaccanapoli e l’origine di lui si perde invece nella notte dei tempi), i gemelli (frutto di un secondo acquisto incauto di mia madre che aveva dimenticato di avere già comprato il primo) che appaiati entrano nell’osteria.
E poi viene il momento di smontarlo ed è allora che ti accorgi che qualche cosa è cambiato, che si è verificata una sorta di magia e che ciò che prima ti era sembrato incoerente adesso è racconto, è villaggio, è indirizzo al quale è possibile inviare una lettera, al quale rivolgere un pensiero.
Mentre lo disfi ti accorgi che le case si sono fuse con le rocce di sughero, il pastore è coerente al proprio gregge, la natività emana un significato che pervade e unifica il racconto. I pezzi hanno trovato la loro conformità ad un disegno, il disegno si è elevato a progetto, il progetto ha modellato la realtà, la realtà si è fatta narrazione. E mentre riavvolgi ad una ad una le statuine nella carta di giornali vecchi di cinquanta, trenta, dieci anni ti chiedi se quella che racconterai è una strana storia sul presepe oppure una metafora della tua vita.

Abbiamo presepiato

Abbiamo presepiato

Il rito è compiuto. Abbiamo presepiato.

I bambini praticamente non si staccano più dal presepe. Lo guardano da tutti i lati. Il Piccolo tenta di inserire personaggi alieni provandoci a convincere della bontà della sua scelta. Il Grande continua a ripetere: “è bello..quest’anno è venuto proprio bene”. Continua a leggere “Abbiamo presepiato”

Noi presepiamo

Noi presepiamo

Domani faremo il presepe.

E alla vigilia come sempre mi chiedo come sia possibile che in un paese eternamente diviso fra l’uso del “si” e del “no”, sempre in bilico su una forbice linguistica che va da “petaloso” fino a “Lato B”, nessuno si sia preso la briga di inventare un verbo che sostituisca, almeno in questo caso, l’orribile e abusato verbo “fare”. Continua a leggere “Noi presepiamo”

Pastorale famigliare

Pastorale famigliare

E’ il primo disegno che fanno assieme. La prima attività veramente corale fatta dai due da quanto il piccolo è arrivato a “rovinare la vita” (la citazione è testuale) al grande.

Il grande ha fatto il disegno e poi ha dato indicazione al piccolo su quali colori usare. Il piccolo, con la precisione che è sua quando decide di tirarla fuori dal suo repertorio ampio ma poco sfruttato, ha completato l’opera. Continua a leggere “Pastorale famigliare”