Peschi casuali

Peschi casuali

Nel mio giardino crescono

peschi casuali.

Sono semi giunti lì

su ali di bambini,

sono figli di spuntini

consumati di fronte l’estate.

Per favore non li tagliate.

Sono il ricordo vivente

di ore passate

a giocare sul prato,

di una stagione che già

non sente più quelle grida,

quelle risate,

di giornate che scolorano

nel ricordo e nel tempo.

Esse con Zero

Appena entrate in macchina
spengo la radio.
Nemmeno la musica
ha cittadinanza
nel nostro stare insieme.
Rischierei infatti
di non cogliere
una vostra parola,
una battuta,
una sciocchezza,
un canto,
ed è una perdita
che non posso permettermi
essendo voi il senso,
voi il sigillo,
voi il punto di ripartenza,
l’ascissa s con zero
da cui il mio moto
di punto materiale
ha cominciato
la sua traiettoria.
Solo al silenzio
riconosciamo un titolo
perché in esso
cogliamo senza dubbio
il battere dei nostri cuori
all’unisono.

Lunghi e meravigliosi

Ricordi?
Lì per lì non ti risposi
ché retorica mi parve la domanda.
Perché li amassi così tanto
mi sembrava nelle cose,
mi sembrava evidente agli occhi.
Eppure questa mattina,
nei rintocchi della canicola,
il mio cuore,
che distesi li vide nei loro letti,
finalmente rispose:
“perché sono lunghi
e meravigliosi”.

Gli estremi di un segmento

Gli estremi di un segmento

Tante volte ho già scritto di come il Piccolo e il Grande siano diversi fra di loro. L’uno l’opposto dell’altro, gli estremi di un segmento (la metafora non è casuale). Remissivo l’uno e assertivo l’altro, misurato e misurante il primo, privo di qualunque senso della misura il secondo. Anche lì dove sembrano assomigliarsi basta guardare bene per capire che si tratta solo di convergenza evolutiva, l’ala della mosca e quella dell’uccello per ottenere lo stesso scopo a fronte di due mezzi assolutamente differenti. A prima vista possono infatti apparire identici nella loro volontà di evitare qualunque attività che sia anche vagamente in odore di studio e di lavoro. Ma anche in questo caso diverso è lo strumento con il quale si oppongono ai nostri tentativi di condurli sulla retta via. Il Grande infatti è provvisto di una pigrizia perfetta che lo lascia immoto lì dove si trova in balia della sua indole inerziale. È fermo? Resterà fermo per sempre se qualcuno o qualcosa non interverrà ad alterare il suo stato. Sta compiendo un’azione? Potrebbe continuare all’infinito. Sarebbe sbagliato pensare che il Piccolo è, come il fratello, un pigro. Cesare invece è uno “scansa fatiche”. Al contrario del Grande infatti lui è dotato di un’energia illimitata ed incoercibile che però adopera in maniera anarchica e che non presuppone alcun tipo di canalizzazione. Il suo essere uno scansa fatiche nulla ha quindi a che vedere con la stasi che caratterizza l’indole del fratello ma è semmai un atto cosciente e creativo che il nostro pone in essere con il solo scopo di fare ogni volta “come dice lui”. Oggi compiti domenicali. Guarda il diario e lancia un urlo di vittoria: “yuppieeee…pensavo che i compiti fossero per oggi e invece sono per domani!!!”. “Cesare e noi li facciamo lo stesso oggi ché domani abbiamo altro da fare”. Breve e sanguinosissima colluttazione verbale dalla quale ne esco fuori vittorioso solo grazie alle mie raffinatissime doti di pedagogo: “Cesare basta! Si fa come dico io!”. Il nostro abbozza e recupera il libro di geometria dal buco nero del suo zaino. Rette, semirette e segmenti. Procediamo spediti perché il tipino quando si presta è svelto, intuitivo ed acuto. “Ok Cecio, lo vedi…i segmenti sono descritti da due lettere…AB per esempio…oppure CD…adesso prendi il righello ché sul libro c’è un esercizio nel quale dobbiamo misurarne qualcuno”. Ormai vicino alla fine del compito, come l’escursionista che dei trenta chilometri fatti soffre soprattutto l’ultimo, il suo sguardo va all’ultimo esercizio e improvvisamente si illumina. “Papà mi dispiace l’ultimo non lo dobbiamo fare (vedi foto)… c’è scritto NO”. Non so se legarlo alla sedia o scoppiare a ridere

Vasi fragili

Vasi fragili

L’amore che nutro nei vostri confronti
mi regala istanti di genuina disperazione.
Nulla so della prossima azione,
nulla so della stagione che deve venire.
Non so quello che bisogna dire
per orientare la vostra strada,
non so quello che bisogna fare,
e se sarà una carezza a munirvi del senso.
Sto qui sul confine della mia incertezza,

accovacciato sull’orlo della mia ultima ruga,
a contemplare i vostri corpi agili
già impegnati in una corsa centrifuga.
Il mio tesoro è contenuto in vasi fragili.

SI

SI

Ieri sera il Grande non stava troppo bene. Forse uno “street lunch” di troppo. Poi con lui è veramente difficile capire quello che succede. Se si tratta di un problema psicologico, se si tratta di un problema psicologico che ha refluenze sul suo corpo, se si tratta di un problema fisico che refluisce sulla sua psiche, se si tratta di cacarella da interrogazione imminente, o più semplicemente, voglia tardiva di dormire con i genitori. Fatto sta che la lettura risulta sempre più complessa e ancora di più la decodifica e l’interpretazione.Stamattina, mogio e apatico, guadagna il sedile posteriore della macchina (non è insignificante che il fratello piccolo invece segga in quello a fianco del guidatore) e partiamo per il quotidiano servizio di scuola bus.Io, che anche in questo gli assomiglio, a fronte della sua opacità colposa sviluppo un’apprensione dolosa e dolente che mi porta a chiedergli ogni cinque minuti: “Zac come va? Zac come ti senti? Stai meglio?. Lui ad ogni “stai meglio?” si limita a bofonchiare un appena udibile “si…si”. Forse al decimo “stai meglio Zac?” seguito dal decimo “si…si” Cesare, fino a quel momento apparentemente disinteressato alla cosa, esce per un attimo dal suo isolamento naturalistico (oggi per fortuna l’argomento del giorno verte su certe scimmie che ci sono solo in India e che prima l’uomo stava distruggendo ma che adesso ha deciso di proteggere…) e rivolto al fratello dice: “Zac se dici si si non sei CREDIBILE…se vuoi essere CREDIBILE devi dire SI e basta”. Il grande tenta sommessamente di argomentare circa il fatto che il fratello piccolo sia senza scrupoli, che troppo poco si preoccupa dei tanti pensieri famigliari ai quali lui non vuole aggiungerne di nuovi. Ma è fatica sprecata. Il Piccolo ha già ripreso perfettamente il possesso di se stesso e della situazione e forte dei suoi SI lapidari e monolitici si rende credibile agli occhi del mondo che lo circonda.

False Friends

False Friends

Cesare ci guarda da un angolo della cucina come quando ci deve dire qualche cosa di cui teme le conseguenze: “l’altro giorno ho fatto una cosa QUASI pericolosa”. Noi sappiamo bene che certi suoi “quasi” sono piccoli passi nel territorio per lui inesplorato della nostra disponibilità ad accettare un “tutto”.
“Cesare che cosa QUASI pericolosa hai fatto?” Continua a leggere “False Friends”

Lasciagli credere che sia stato il vento

Lasciagli credere che sia stato il vento

Il Piccolo mi fa impazzire. Per tante ragioni in realtà ma ce ne è una che le supera tutte. C’è una parte del giardino nella quale lui e suo fratello amano giocare. Questa zona è separata tramite una ringhiera da quel grande “territorio di nessuno” che da sempre chiamiamo “bosco dei cento acri”. La ringhiera è il confine che viene continuamente attraversato da oggetti destinati a scomparire in questo enorme buco nero. Palloni e palloncini “arroccati” più o meno per ragioni naturali, giocattoli vari che per motivi inspiegabili finiscono dall’altra parte, innumerevoli dardi, proiettili, frecce e freccette di armi quasi sempre improprie, oggetti di ogni tipo che i due si lanciano durante le innumerevoli lotte e battaglie, altri che oltrepassano il confine per un’innata attitudine al lancio del Piccolo soprattutto quando qualche cosa non va per il verso giusto (giusto per lui naturalmente). Continua a leggere “Lasciagli credere che sia stato il vento”