Una vita come fosse teatro.
E su quel prato d’erba finta
ad ogni spinta sul palco
è corrisposto un incontro.
Qualche riscontro ottenuto,
qualcuno muto che muto è rimasto,
un lavoro da catasto,
vasto, addirittura agrimensorio,
un lavorio di segmenti e rette.
E su sette miliardi
così pochi restati,
molti incontrati troppo presto,
molti troppo tardi.
Ma per quelli che non sono andati,
mandati da pagare ogni giorno
di cure e attenzioni esclusive,
pensieri e azioni
a riempire la testa,
ad esaurire il tempo.
E per gli altri, alla fine,
nulla resta
che abbia senso e decenza:
la parvenza di un contatto,
il tatto sostituito dall’udito,
un invito non onorato,
un contratto non firmato,
un patto infranto.
E come d’incanto
sono sul proscenio nuovamente
e davanti a me tutta la gente
che mai amerò.
Stò di fronte a loro chinato,
a coppa sul cuore le dita,
per dire: “signori e signore mi dispiace,
sarà per la prossima vita”.