La salvezza

A volte è uno sprazzo d’azzurro

che si fa spazio

fra la caligine autunnale.

Altre sono i gabbiani, in alto,

a protestare contro una burrasca

di cui, da questo mio angolo,

percepisco solo il salmastro.

Altre, infine,

è la prima parola del figlio

che giunge a rompere il silenzio.

Sono segni, sono catalizzatori,

che costituiscono un promemoria

ogni mattina riconsegnato,

con divina fedeltà,

in un momento imprevedibile,

e nell’unico tempo che,

fuori da ogni dubbio,

appartiene all’oggi.

Il resto spetta a me:

affilare gli strumenti logori,

ripulire le finestre dei sensi,

riscaldare la voce,

fare, dire, allacciare,

mitigare, disinnescare, aggiungere,

raccontare, condurmi infine

sul confine del giorno.

Perché la salvezza non è dono,

non è eredità o appannaggio;

la salvezza è verbo,

attivo e transitivo.