Le cose che costringono all’abbraccio

Amo tutto ciò

che costringe all’abbraccio.

Il ghiaccio

che senza preavviso cede

e per sempre ci lega

allo sconosciuto soccorritore.

Il gelo

che si trasforma in tepore

fra le braccia dell’amico.

Quell’antico odore di muschio

che senza vergogna ci induce

a circondare con le braccia il tronco.

Un discorso d’amore monco,

ché le parole

sembrava non bastassero

e che bastò invece

ad azzerare la distanza.

Quelli ai quali conduce la sera

nella stanza dei bambini,

la danza la cui bellezza

dipende dalla prossimità,

il regalo che non ti aspettavi

e che ti sorprende,

l’anima che ha

il sopravvento su ogni cosa

e il peccato veniale perdona

senza neanche la mercede

di una scusa.

Quella zona esigua e chiusa

alla quale l’ombrello costringe

perché alla tempesta

così si risponde.

Le onde di quel mare

nel quale decidere se annegare

o salvarsi la vita.

Le dita prima,

poi la mano, e quindi il polso,

e il gomito che si piega

per accogliere l’altro

in un atto che non si spiega.

La notte

La notte

Nel giorno che arriva,
la notte, furtiva,
si chiude nei pozzi
che hai dentro nel cuore.
E aspetta per ore
fingendo un’assenza
il suo tempo migliore.
Poi giunge la sera
e con essa ritorna
e pretende mercede.
Accanto ti siede
e ti conta i capelli
come fossero agnelli
che scorrazzano un prato.
Accanto ti siede
e ti racconta di quelli
che non sono presenti,
ché ti hanno lasciato.
Accanto ti siede
ed assieme aspettate
quel mattino insperato
che a te stesso ti rende.
Mentre l’alba si stende

fra le coltri e le tende

lei nei pozzi del cuore

nuovamente discende.

Un talento

Un talento

“Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso;  per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo.  Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso;  avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse.  Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti.  Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Continua a leggere “Un talento”