Con lui le cose altamente improbabili divengono assolutamente possibili, e la più spuria delle coincidenze diventa regola che orienta in questo angolo di universo lo svolgersi degli eventi. Lui naturalmente è Cesare, il mio bambino piccolo.
Sul prato compare all’improvviso una pianta di menta d’acqua, che il Signore lo sa con che difficoltà sono riuscito a rubarne alcuni germogli in natura e farli attecchire in due vasi che tengo d’occhio manco fossero l’ingresso di Fort Knox. E lui, fresco come un quarto di pollo, mi dice: “ah sì…ora che mi ricordo…ho trovato un semino accanto ai tuoi vasi e l’ho piantato”. Ma come un semino? Le mie piante hanno fatto semini? E solo tu te ne sei accorto?
Poi ieri: “sai papà (me lo dice mentre sono sovrappensiero e quindi non colgo subito l’assurdità fulminante della correlazione) quante volte mangio i fiori di tarassaco? Ecco, per ben quattro volte ne ho mangiati di più acidi ed ogni volta nelle vicinanze c’era della legna buona per fare il fuoco…quattro volte, capisci papà? Questa non può essere una semplice coincidenza, deve essere per forza una regola”.
E ancora una volta mentre me lo guardo tutto, diritto in quel corpicino esile ed inflessibile, e me lo carezzo con gli occhi, mi rendo conto che il miracolo non sta in statue lacrimanti e grumi di sangue che si sciolgono ma nella quotidianità di chi lo sa vedere ed accogliere e nell’eccezionalità di chi con le sue parole, le sue azioni e i suoi pensieri è capace di imprevedibili ed inimmaginabili epifanie.