Fu nostra la notte,
la prima dico,
e tante a seguire.
Che ti staccavo dal seno della mamma,
addormentati entrambi,
per natura uno,
per stanchezza l’altra,
e per un po’ mi deliziavo
delle tue manine,
della tua fronte,
dei tuoi occhi chiusi.
Era nostra la notte
nelle notti di febbraio,
nelle notti di febbre.
Che non era possibile dormire
accanto a te disteso
e le mani ti stringevo
a fermare i brividi,
e la fronte toccavo
in cerca di un segno,
e nei tuoi occhi socchiusi
intravedevo un mondo
dove impossibile era seguirti.
Quante notti nostre
ogni volta che mi hai detto:
“resta ancora un po’ con me
qui nel mio letto”,
ogni volta stelle a spiare
su un vecchio materasso distesi
o sulla spalletta di quel ponte.
Ed io a stringere le tue mani belle,
e stelle vedere riflesse nei tuoi occhi,
e la tua fronte larga
la luna a riflettere.
Ancora nostra è la notte
e ancora veglio
in attesa di udire la tua voce
e tu che mi dici poche parole
“Come è andata?
E ti scruto negli occhi,
e una carezza rubata alle mani,
e il bacio della buonanotte,
sempre sulla fronte.
Sarà ancora nostra la notte,
quell’ultima dico,
mio per sempre Adorato.
Che seduto
mi starai accanto,
ed io ancora un sorriso fugace,
e il tuo bel nome a ripetere,
e tu che mi stringi la mano,
e tu a me una carezza sulla fronte
a tergere il sudore,
e un bacio sugli occhi, tu a me,