Le cose che costringono all’abbraccio

Amo tutto ciò

che costringe all’abbraccio.

Il ghiaccio

che senza preavviso cede

e per sempre ci lega

allo sconosciuto soccorritore.

Il gelo

che si trasforma in tepore

fra le braccia dell’amico.

Quell’antico odore di muschio

che senza vergogna ci induce

a circondare con le braccia il tronco.

Un discorso d’amore monco,

ché le parole

sembrava non bastassero

e che bastò invece

ad azzerare la distanza.

Quelli ai quali conduce la sera

nella stanza dei bambini,

la danza la cui bellezza

dipende dalla prossimità,

il regalo che non ti aspettavi

e che ti sorprende,

l’anima che ha

il sopravvento su ogni cosa

e il peccato veniale perdona

senza neanche la mercede

di una scusa.

Quella zona esigua e chiusa

alla quale l’ombrello costringe

perché alla tempesta

così si risponde.

Le onde di quel mare

nel quale decidere se annegare

o salvarsi la vita.

Le dita prima,

poi la mano, e quindi il polso,

e il gomito che si piega

per accogliere l’altro

in un atto che non si spiega.

Questo altrove

Questo altrove

Sono qui che esploro

quest’ultimo altrove

per capire come in esso

si muove il vento,

se anche qui piove

come in quello

che abitavo prima.

Se anche qui la rima

conduce al verso,

oppure se questo

è un altrove diverso

dove al mio passo

il ghiaccio cede,

dove alla fine del giorno

non mi spetta neanche

la mercede di un abbraccio.

Il primo abbraccio

Il primo abbraccio

Agli amici cari nell’attesa, ormai dolorosa, di poterli riabbracciare.

Il primo abbraccio

Non sarà per un nuovo decreto,
non sarà per via di un divieto
che a un certo punto decade.
Non sarà al finire di una decade speciale,
né un fatale anniversario a resuscitarne l’uso.
Non sarà al chiuso di un tribunale
che lo vedremo di nuovo apparire.
Non sarà qualcuno a dire: “adesso si può”
e tutti assieme, in un momento solo,
a ricominciare.
Sarà, pare, per via di genitori distratti
e i cuori vicini dei figli, all’improvviso.
Sarà per un viso caro
prossimo, ad un tratto,
e il patto con la paura
che in un attimo si rompe
a dare spazio al desiderio.
Non sarà un atto di imperio,
né una tardiva autorizzazione.
Sarà un’azione che non corrisponde a un calcolo,
un volo a lungo non spiccato,
un vuoto infine colmato
che al momento del commiato
ci restituiranno fra le braccia l’amico,
fra le sue braccia, a l’amico, ci restituiranno.