Siamo a tavola, noi tre. Voi hamburger, io pasta con la verdura. Zaccheo canticchia “Italia” di Mino Reitano, l’ha sentita in “Tolo Tolo”. Gli dico che è una canzone ridicola, piena di retorica, ma nel film c’era anche “Viva l’Italia” di Francesco De Gregori che è bellissima e che voglio sentire con loro.

L’ascoltiamo mentrre ceniamo, stranamente Cesare non tenta di sabotare l’ascolto, sono entrambi silenziosi. Rinforzo i passaggi che mi sembrano più forti: l’Italia del 12 dicembre. Cosa è l’Italia del 12 dicembre papà?”…” è l’Italia colpita al cuore Zac…l’Italia di Piazza Fontana…poi ti dico”. Non so perché mi viene in mente “Piazza Alimonda” di Francesco Guccini, forse perché è la canzone che tratta un fatto che rischia di essere estremamente retorico con il minimo della retorica possibile. “Sentiamola ragazzi..parla di giorni duri per l’Italia…di uno scontro terribile fra gli studenti e le forze dell’ordine…dove è morto un ragazzo…ucciso da un altro ragazzo che era un carabiniere”, “ma di chi era la colpa papà”…”la colpa era di altre persone che non erano li…non li dove c’erano gli scontri”. E comincia “Pizza Alimonda”. Mi sento come probabilmente si sentiva Primo Levi ne “il Canto di Ulisse”. Sento dentro di me un’urgenza di ricordare, di sottolineare, per condividere con questi miei figli, sull’orlo di una commozione che produrebbe in loro un rifiuto, senza tentare io stesso di sdrammatizzare ciò che è drammatico allo stato puro. “Sentite bambini come le strofe si alternano…una strofa violenta ed una di poesia pura…”. Il grande si rosicchia le unghia, il piccolo uno spicchio di mela…non parlano. Solo una battuta del Piccolo quando a “l’urlare statico dei bambini” sostituisce “l’urlare statico dei bambini” ma è solo un secondo e nemmeno lui ride. “Uscir di casa a vent’anni è quasi un obbligo, quasi un dovere, Piacere d’incontri a grappoli, ideali identici, essere e avere” Zac a vent’anni cosa vuoi fare d’altra parte (e dentro di me c’è già la paura di te fuori a quell’età, la paura di ideali che forse non comprenderò e che non sarò disposto ad accettare, di un essere che ancora oggi non trionfa sull’avere come vorrei), e tu annuisci pensieroso. Non mi importa che nelle vostre menti ci siano pensieri profondi mentre la canzone continua, mi basta questo vostro silenzio, questo vostro rispetto inconsapevole verso una trageria che il poeta canta senza compiacimento.
“Genova non sa ancora niente, lenta agonizza, fuoco e rumore
Ma come quella vita giovane spenta, Genova muore, Per quanti giorni l’odio colpirà ancora a mani piene, Genova risponde al porto con l’urlo alto delle sirene”. “Tutto questo avviene a Genova ragazzi…vi ricordate Genova? Ci siamo stati da poco…vi ricordate i carrugi”. “Si mi ricordo Genova Papà…mi è sembrata povera…più povera di Palermo…forse è solo perchè a Palermo ci vivo…”. “Genova non ha scordato perché è difficile dimenticare”…”capisci Zac? Genova non ha dimenticato non perché è impossibile dimenticare…ma perché è difficile…tutto si dimentica prima o poi ma dimenticare è difficile”…”si papà questo riesco a capirlo”.
E a quel punto so dove sto andando a parare, so che sto per arrivare dove il Maestro mi ha voluto portare, in quel luogo nel quale nessun poeta che non fosse lui ha mai osato inoltrarsi, nel luogo nel quale fare poesia con un nome scientifico, genere e specie, genere maiuscolo e specie minuscola (forse perchè qualcuno un giorno Francesco ti ha dedicato il nome di una farfalla: Parnassius guccinii). E alla fine del dolore, dove Genova con difficoltà ha forse dimenticato, dove a Piazza Alimonda il traffico oramai scorre rapido e regolare, il poeta ci dice che dentro un’aiuola triangolare luccica la Salvia splendens. E non c’è niente da aggiungere, il cerchio si è chiuso, i bambini hanno lo sguardo perso nel vuoto, il Piccolo con la testa inclinata di lato. Dico loro, mentre le utlime note vengono ancora fuori dal cellulare del grande, “potete andare a vedere la tv mentre io sparecchio”. Domani forse dirò loro i nomi: si chiamavano Carlo Giuliani e Mario Paclanica ed erano incolpevoli, il nome dei veri colpevoli lo ha portato via il vento.

5 pensieri su “Salvia splendens

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