A volte mi chiedo se le malattie degenerative della mente siano da considerarsi per forza un male per la persona, mi chiedo se non siano invece l’ennesima strategia di sopravvivenza che la nostra specie ha messo in atto nel suo percorso evolutivo.
Comincio a chiedermi infatti come possa una persona mediamente consapevole, presente a se stessa e al suo tempo, dotata di un bagaglio significativo di esperienze e relazioni, accettare, a fronte di una lunga vita, di perdere tutto, un pezzo dopo l’altro.Come è possibile restare attaccati alla vita perdendo nel tempo le persone a noi care e la possibilità di fare, per via della degenerazione progressiva di alcune funzioni del nostro corpo, tutte le cose che amavamo maggiormente.
Per questo penso a volte che le malattie degenerative della mente ci aiutino in fondo a sopravvivere permettendoci di dimenticare, di sganciarci dai ricordi e dai desideri, e alla fine da noi stessi per quello che siamo stati.
Coltivo questi pensieri mentre cammino a piedi “quasi nudi” nel “bosco dei centro acri” con la guazza della notte che mi bagna ed inevitabilmente la mia mente rimbalza dalla questione personale a quella collettiva e quindi a quella planetaria.
E quindi mi dico ancora che alla fine coloro fra gli esseri umani (e temo che siano in tanti) che non sanno cosa si stanno perdendo dentro questa devastazione planetaria alla fine è come se non si stessero perdendo nulla, immersi in una perenne “demenza ambientale” che li porta a considerare la città il proprio ambiente naturale. Ma quando tutto sarà perduto coloro che sanno cosa si stanno perdendo come faranno ad accettarlo?
Allora, visto che da questo pianeta non riusciremo a fuggire alla ricerca di nuovi mondi da “sfruttare”, visto che l’affermazione “non ci resta tanto tempo per invertire il corso delle cose” comincia a puzzarmi di considerazione consolatoria credo che noi, gente sconfitta, che amiamo profondamente questo pianeta dovremmo fare lobby per ottenere l’unica cosa nella quale possiamo sperare: fare pressione sui rispettivi servizi sanitari nazionali affinché, quando sarà il momento, ci venga somministrato un qualche farmaco che induca quei sintomi che sono propri della demenza senile: smemoratezza, perdità del senso del se, perdita del senso della relazione con gli altri e con l’ambiente che ci circonda.
Questo naturalmente per tutti i giovani consapevoli che possono contare ancora su una lunga aspettativa di vita. Per quelli come me immagino che non sia necessario ricorrere alla sanità pubblica, basterà aspettare ancora un poco.