Mio padre era un chimico. Appena diplomato, in un tempo diverso da questo, fu immediatamente assunto come insegnante nell’istituto nel quale studiava. L’anno prima prendeva il diploma, l’anno dopo già era il docente dei suoi compagni ripetenti.

La cosa non era vista di buon occhio da mia madre e la sua preoccupazione aveva ragione d’essere. Era quello infatti il tempo in cui a Palermo era presente una significativa industria argentiera che si avvaleva dei laboratori degli Istituti Industriali per tutta una serie di analisi che non riuscivano a fare al proprio interno. Le cronache famigliari raccontano che in più di un’occasione mia madre era dovuta andare a recuperare mio padre in qualche ospedale cittadino a causa di principi di intossicazione da cianuro d’argento. Da parecchio tempo quindi mia madre esercitava pressioni di vario genere sul marito affinché cambiasse lavoro. Al rischio industriale bisogna associare anche il fatto che molti degli allievi di mio padre si caratterizzavano per comportamenti poco consoni alla pacifica e sicura convivenza all’interno di un laboratorio di chimica. E qui entra in gioco il nostro eroe. L’epica famigliare narra in particolare di un alunno che resterà indelebile nella nostra memoria collettiva non solo per via delle sue gesta ma anche del suo singolarissimo nome. Il nostro (al quale chiedo scusa anticipatamente per questo post innocuo, ma poco rispettoso della privacy) si chiamava nientepopodimeno che: Spiridione Sardina. Nessuno in questo caso (ma nemmeno nell’altro per la verità) potrebbe mai incorrere nell’equivoco dell’addetto all’anagrafe che quando andai a dichiarare la nascita di mio figlio mi chiese, fra “Zaccheo” e “Picciotto”, quale fosse il nome e quale il cognome.

Spiridione Sardina era sempre nei racconti di mio padre che non ci faceva mai mancare informazioni relative alle sue prodezze. Poi venne il giorno. Mio padre raccontava sempre come, in quel giorno fatidico, avesse ripetutamente chiesto a Spiridione di utilizzare un po’ meno della sua giovanile energia per agitare la provetta contenente dell’acido che aveva in mano. Due o tre reiterazioni della richiesta non produssero alcun effetto, fino a quando il tappo della provetta di Spiridione, ben impregnato di acido, non decise di staccarsi dal collo della provetta stessa e cominciare la sua parabola verso l’occhio di mio padre che colpì, con precisione millimetrica, qualche frazione di secondo più tardi.

Mio padre rischiò di perdere l’occhio che comunque riportò danni seri che lo costrinsero, per il resto della sua vita, a portare un paio di occhiali con lenti molto sbilanciate e quella fu l’ultima volta che mia madre, per ragioni chimiche, andò a trovare mio padre in ospedale. La misura per lei a quel punto era decisamente colma e fu quello il fatto che determinò l’abbandono da parte di mio padre delle scuole superiori e il suo riparare in più sicure scuole medie inferiori.

Io non so sinceramente se questo cambiamento sia stato per mio padre alla fine un miglioramento delle sue condizioni di vita oppure no, bisognerebbe chiederlo a lui ma a questo punto è impossibile.

Certo è che quando ieri sera ripercorrevamo ancora una volta a tavola con i miei l’imperitura storia di Spiridione Sardina (e devo dire che per un attimo avevo dimenticato il suo nome di battesimo improvvisamente riemerso dalla memoria sorprendente di mio figlio Zaccheo) ho pensato che ognuno di noi dovrebbe avere nella propria vita uno Spiridione Sardina, un’ entità bizzarra e capricciosa che abbia la capacità di cambiare improvvisamente il corso della nostra vita, una sliding door umana che permettendoci di mantenere inalterati i nostri valori fondamentali ci consenta di approdare alle coste inesplorate di un mondo nuovo.

3 pensieri su “Cercasi Spiridione Sardina disperatamente

  1. Dico che nella vita se ne incontrano parecchi, a noi evitarli.
    Io l’ho fatto spesso, perxchè non mi piace troppo chi potrebbe cambiarla.

    "Mi piace"

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