E i Wasafiri hanno già lasciato Casa Tulime prontamente sostituiti dai volontari di Baiskeli. Emanuela ci lascia una riflessione e delle immagini che condivido volentieri.
A place to call home in Tanzania
Richard Kapuscinski, uno che ha visto più mondo di me, che ancora ho bisogno di elencare i Paesi che ho visitato, chiedendomi sempre se quelli in cui ho fatto scalo siano validi in questa competizione virtuale con me stesso, ha scritto che l’Africa, tranne che come appellativo geografico, non esiste. Eppure per me l’Africa ha un nome preciso, colori, odori e sensazioni che da oggi so di poter trovare solamente lì; per citare Karen Blixen, la mia Africa si chiama Pomerini.
Tremila anime abbarbicate a quota 1800 m sugli altipiani della Tanzania centro meridionale, il lavoro inteso come sudore della fronte, la lotta quotidiana contro difficoltà materiali che a noi, figli dell’ipertecnologicizzato occidente, sembrano bazzecole; è lì che ho trovato Casa Tulime.
Una Onlus italiana ha creato, in una casa tanzaniana ristrutturata all’uopo, un punto di riferimento per tutta la popolazione locale e per tutti i villaggi vicini del distretto di Kilolo: Casa Tulime si occupa di microcredito per finanziare la piccola imprenditoria, soprattutto femminile, di trovare e portare acqua potabile dove la gente era abituata a utilizzare la stessa che bevevano i loro animali, di dare la spinta alla realizzazione (e alla commercializzazione) di artigianato locale grazie al progetto Mani d’Africa. Un piccolo miracolo, in una terra che sembra non rendersi conto del mare di potenzialità che ha: a guidare i progetti sul campo c’è Stefania, sarda di Tanzania che, insieme al marito Geni, forma e guida i volontari e i cooperanti che arrivano sugli altipiani per aiutare la popolazione.
Io, mia moglie Veronica e nostra figlia Adele, di cinque anni, insieme a Salvo e Anna, siamo arrivati a Casa Tulime con un bagaglio pieno di curiosità e di voglia di fare incontri, di tuffarci in una realtà che, come abbiamo poi scoperto col passare dei giorni, è talmente lontana da noi da esserci molto familiare. Da un certo punto di vista, negli occhi di Mama Noveta, di Mama Dono e di tutte le altre meravigliose persone che ci hanno onorato di condividere parte delle loro giornate, ho rivisto la luce forte che c’era in quelli di mia nonna Angela, nei ritmi di queste vite ho ritrovato quella tranquilla lentezza vissuta per tante estati della mia infanzia e adolescenza insieme a nonno Emilio.
La frase più bella, la massima più importante di questa nostra esperienza, l’ha detta proprio Adele: “Un’esploratrice non si preoccupa di sporcarsi, ma dell’avventura”. Una rivoluzione copernicana del nostro modo di pensare, così spinto all’apparenza e all’effimero, che ci porta a sentire come un’avventura quella che, invece, è la nostra essenza più vera e meno nascosta da sovrastrutture e falsi bisogni. Quell’avventura che si chiama vita, in quella casa così lontana dalle nostre piccole certezze, ma così vicina al cuore. Grazie, Casa Tulime. Grazie Tanzania. Grazie Africa, che per me esisti e avrai per sempre i colori della terra rossa che ti riempiono gli occhi e il respiro.
Emanuele Giulianelli