Le torri di avvistamento del sistema costiero siciliano erano un presidio fondamentale per prevenire a contrastare gli assalti della pirateria barbaresca.

Ogni torre era fatta per vedere le altre due, a sinistra e a destra. Un sistema circolare che riguardava tutto il perimetro dell’isola. Ognuna di queste aveva poi un sistema di comunicazione lineare che la metteva in relazione con l’interno, per avvertire dell’imminente pericolo le popolazioni dell’entroterra.

Per questo tipo di comunicazione, indispensabile alla tutela della vita e dei beni dei siciliani del tempo, era stato messo a punto un linguaggio nuovo fatto di segnali di fumo, segnali luminosi ottenuti con dei fuochi (detti fani) ed altri sistemi ottici.

Questo linguaggio nuovo aveva anche un nome: il codice della paura.

Un nuovo codice della paura vogliono insegnarci oggi, in Sicilia e in molte altre parti del mondo.

Un codiece però che non sembra inteso a tutelare la vita ma piuttosto a corteggiare la morte.

Un codice che prima di tutto mette l’uomo contro l’uomo. E poi l’uomo contro la sua matrice originaria: l’ambiente e la natura che lo circonda.

Un codice che ci dice che se qualcuno grida non dobbiamo più preoccuparci di capire cosa sta dicendo, perché lo sta dicendo, se la sua è una richiesta d’aiuto alla quale bisogna dare una risposta solidale.

Il nuovo codice della paura ci dice invece che dobbiamo scappare, il più rapidamente possibile, senza preoccuparci di nessun altro che non sia noi stessi, passando sopra il corpo di chiunque si frapponga fra noi ed una presunta salvezza.

Un codice che ci dice che l’altro va riconsciuto e temuto per le sue differenze (e alla fine chi non è differente da noi?) e solo per questo va considerato un nemico, un potenziale aggressore, una persona pronta a toglierci ciò che di più prezioso abbiamo.

E questo per quanto riguarda la relazione dell’uomo con l’uomo.

Sarò criticato per quello che sto per scrivere, ma non è questo del nuovo codice che mi fa più ribrezzo.

Il codice mette l’uomo contro i presupposti stessi del suo essere umano: l’ambiente che lo ha generato.

Da qualche settimana il codice ci impone una nuova paura: dobbiamo avere paura del fiume.

L’elemento che l’universo ha creato per noi, quel nastro di vita che ci mette in relazione con i cicli ed i sistemi è diventato nostro nemico.

Dobbiamo avere paura del fiume. Dobbiamo evitarlo prima di tutto, poi dobbiamo addomesticarlo.

Il fiume che prima di oggi era già considerato da tanti alla stregua di una fogna, di un misero canale di scolo, oggi deve essere completamente domato, privato di tutta la vita che in esso alberga, reso innocuo nel folle tentativo di eliminare tutto ciò che costituisce alimento per le nostre vite.

Questo per me è l’offesa suprema, la bestemmia contro la divinità, l’ultimo atto di un essere che ha deciso di autoestinguersi nel più breve tempo possibile.

Per me che da una vita grido “più sacro di tutti è il fiume” questo codice mi appare veramente come un nuvo linguaggio demoniaco, e una volta tanto d’accordo con un politico del nostro tempo penso anche io che come per i cambiamenti climatici anche per questo nuova fabbrica della paura l’unico responsabile sia il demonio.

Solo che io penso che il demonio sia l’uomo.

2 pensieri su “Il codice della paura

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