Ogni mattina lascio la mia casa per recarmi al lavoro. Ogni mattina lascio la mia bioregione per transitare in un’altra.

Molti lo fanno senza accorgersene. Per me ogni mattina si tratta invece di un dono, di una scoperta, di una sensazione che conosco e che, nonostante tutto, si rinnova.

In ciò mi aiutano le montagne.

Quando lascio la casa il sole inonda già parte della mia bioregione. Poi però mi approssimo a Capaci e improvvisamente entro nel cono d’ombra delle sue montagne.

Allora è come se non avessi mai lasciato l’emisfero crepuscolare. La temperatura si abbassa nuovamente, una lama di sole insiste per qualche secondo, poi scompare.

Per alcuni attimi mi rimmergo nella parte notturna, perdo il sole, sono costretto a riflettere ancora una volta sulla meraviglia della sua luce, sul miracolo della sua radiazione.

Ancora per qualche secondo attraverserò il cono d’ombra che mi consente di comprendere che nulla è scontato, nemmeno il sole che ogni mattina appare dietro l’orizzonte, di sicuro non la nostra vita, e che ci piaccia o no, nemmeno quella delle persone che amiamo.

Poi le due gallerie. Il doppio cancello di Moria, gli star gate (e mai inglesismo fu più opportno) che mi permettono un facile trapasso, mi permettono in pochi metri di lasciarmi alle spalle la bioregione del Nocella e di accedere a quella dell’Oreto.

Lascio il cono d’ombra e mi offro a quel sole diverso perché diverso è il fiume, diversa l’aria che si respira, diversa la temperatura, diverso il giorno.

 

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