Molti pensano che il senso del viaggio stia nel raggiungere la meta. Prefiggersi un obiettivo, e qualunque sia il percorso necessario per raggiungerlo, raggiungerlo purché sia.

Io non sono fra quelli.

Molti pensano invece che il viaggio stia nel percorso compiuto per raggiungere la meta. Qualunque essa sia trovano il senso nella strada compiuta per arrivare, nel percorso che nel suo dipanarsi fra ambienti e situazioni conduce ad un luogo che a quel punto risulta essere insignificante rispetto al cammino.

Io non sono fra quelli.

Io penso che il senso del viaggio risieda altrove.

Credo che il senso del viaggio sia in primo luogo nella sosta. La sosta che ci concediamo per consumare un buon pasto, che è sempre buono se consumato durante il “viaggio”, la sosta dedicata al sonno che ci restituirà le forze dopo una lunga giornata di cammino, quella infinitesimale che strappiano all’affaticamento dei muscoli e al peso dello zaino, per inginocchiarci un attimo ad odorare un fiore, per bere alla sorgente, per contemplare in silenzio il sole che tramonta o il vento che sfiora la superfice dell’acqua.

Ma questo ancora non mi basta.

Per me il senso del viaggio sta anche in coloro che a me, durante il cammino, si accompagnano. I sodali che tengono il mio passo o al cui passo sincronizzo il mio, coloro che amo e che hanno scelto di condividere con me il viaggio o il cui viaggio ho deciso di accompagnare. Sta in coloro che condivideranno con me quel cibo, alla cui schiena mi stringerò di notte per dare calore, per prendere calore, ai quali porgerò l’acqua nelle mani a coppa, ai quali indicherò il “falco alto levato”, e inviterò a chinarsi verso il giagiolo, stella dei campi, per godere assieme del suo profumo.

Le soste e i compagni, è li che vedo il senso del viaggio e forse questo lo capisco solo oggi perché questo è per me il tempo di comprenderlo.

E forse questo viaggio è metafora d’altro, una metafora fin troppo facile sulla quale vale comunque la pena riflettere.

14 pensieri su “La sosta e la compagnia

  1. È strano come, davvero, di un viaggio non si apprezzino mai le soste. Eppure è in quei momenti, quando ci si ferma, che si riflette sul cammino già fatto e quello ancora da venire, con se stessi o, se si ha la fortuna di avere qualcuno accanto, ad alta voce. E sì, credo possa considerarsi una metafora a pieno titolo.

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    1. Il tuo commento mi fa pensare a come la metafora possa essere estesa anche alla musica. Il non considerare del viaggio le soste e come non considerare nella musica i vuoti di silenzio che si alternano ai pieni delle note. Eppure nel viaggio (così come nella vita…così abbiamo rilevato il significato della metafora evidente a tutti) ci sono persone che concepiscono un unicum sonoro, un andare un passo dietro l’altro senza dare appuinto spazio alle soste, alle pause. Senza, in conclusione, “darsi il tempo”.

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      1. Sì, è una metafora che si adatta bene anche alla musica. Io pensavo alla vita in sé, alle battute d’arresto obbligate, dovute ad un cambio di vento o ad una tempesta improvvisa, che impone di fermarsi, per ristorarsi, trovare nuove energie e risorse.
        Darsi tempo è fondamentale. A volte sembra una perdita. In realtà, è un’ottimizzazione 😊

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  2. I filosofi dell’antichità greca conoscevano la funzione formatrice dello spostamento ed in questo erano saggi.
    Nell ‘incontro con l’altro ci scopriamo senza doveri sociali, senza obblighi politici, in ogni caso ci raffrontiamo, di qui la necessità di un occhio attento, di uno sguardo acuto. Un buon viaggiatore palesa la necessità di registrare le minime variazioni, è sensibile ai tettagli, alle soste.

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