Mwalimu in swahili vuol dire Maestro.
E’ anche il nome del progetto che la mia associazione, con l’aiuto e il supporto di alcuni volontari, ha deciso di rilanciare negli ultimi anni per il supporto all’educazione secondaria in Tanzania, nel distretto di Kilolo. E’ un piccolo progetto, dotato purtroppo di poche risorse. Eppure produce effetti e inevitabilmente storie.
Stefania, la nostra responsabile in Tanzania, stamattina ha voluto condividerne con me una di queste e io adesso la condivido con chiunque vorrà leggerla. Ed è una storia che vale la pena essere letta.
I volti dei nostri progetti: Mwalimu
Ogni progetto prima di arrivare sul campo ha una descrizione, un budget, delle tabelle, obiettivi da raggiungere, azioni da implementare, strategie e grafici ma quando arriva qui a Pomerini si arricchisce della fondamentale componente umana e si trasforma quindi in storie, vite e volti. Alcune storie sono “troppo” e non si possono tenere per sé.
Rebentina ha 21anni, l’abbiamo conosciuta 3 anni fa durante un corso di cucito organizzato nell’ambito del progetto Mani d’Africa. Purtroppo come spesso accade, nonostante sia giovane, si porta sulle spalle una storia pesante e un’infanzia davvero breve, segnata dalla scomparsa della madre e dall’abbandono da parte del padre. Rebentina vive da sola nella casa dei nonni anche loro scomparsi, il padre rimasto vedovo si è risposato e la nuova moglie non ha accettato di farsi carico anche di lei.
Rebentina è stata quindi costretta ad abbandonare la scuola e a cercare lavoretti principalmente legati all’agricoltura per sostentarsi. Quando viene a conoscenza della possibilità di seguire il corso di cucito decide di partecipare, il cucito non è la sua passione, a lei piace l’inglese, ma pensa che tutto sommato imparare un mestiere, in alternativa agli studi, possa comunque essere utile. Per mesi la incontriamo, ogni giorno, insieme alle altre sarte, è musona, schiva e a volte scontrosa; lavora con i nostri volontari, Alice e Jesus, inizia a fidarsi un pochino e alla fine del corso rivela loro la sua aspirazione: riprendere gli studi. Con il supporto di Alice, che tornata in Italia si attiva per una raccolta fondi per l’erogazione di borse di studio, Tulime torna ad occuparsi di istruzione, come già in passato. Istruzione da queste parti significa sperare; sperare in un futuro migliore, vuol dire avere una chance nella vita, allontanarsi dal villaggio almeno una volta, provare a mettere da parte l’amaro inghiottito durante gli anni più delicati, vuol dire, ancora, avere gli strumenti per prendere in mano la vita e decidere dove portarla. L’istruzione è la chiave.
Inizia così un legame fra Rebentina e Tulime e necessariamente tra lei e me, all’inizio è diffidente, andiamo insieme in città per comprare il corredo per la scuola, lei per tutta la giornata praticamente dice tre parole, non ride mai. Il giorno dopo andiamo in sartoria, Kizito prende le misure per la divisa, lei continua a non sorridere però l’espressione che ha stampata in faccia dice tutto, e io capisco che davvero tutto quello che potesse desiderare è andare a scuola.
Rebentina frequenta la secondary, riprende dal secondo anno, ottiene buoni voti ogni semestre, i migliori sono in lingua inglese. Quando le faccio i complimenti per i voti mi guarda orgogliosa, quasi mi sfida come a dire “beh cosa ti aspettavi?”, io non glielo faccio notare ma a me il suo carattere spigoloso piace e una pagella dopo l’altra, mese dopo mese la stimo un po’ di più. Ogni tanto mi manda un sms (di nascosto perché a scuola i telefonini non si possono usare), a volte il testo del messaggio è di una parola “Mambo?” oppure la buona notte, altre volte mi manda aforismi rigorosamente in inglese tipo “it’s better to walk than running because when you walk you have time to experience something”; l’ultimo me lo ha mandato stamattina, era per San Valentino, per dire a modo suo “ti voglio bene”, sia io che lei siamo forse, vagamente sociopatiche ma lei vince la timidezza via sms e io nell’intimità di poche parole sul display del mio telefono un po’ mi sciolgo perché inevitabilmente anche io gliene voglio. Ci siamo viste spesso ultimamente perché a febbraio sono stati pubblicati i risultati finali e non erano come ce li eravamo aspettati. Rebentina ha lavorato sodo, ha studiato tanto e ha sempre ottenuto buoni voti ma il sistema tanzaniano prevede che durante gli esami finali non si tenga conto della carriera scolastica pregressa dello studente ma esclusivamente del risultato dei test. Intendiamoci, questi esami non sono andati male, ma credo che nemmeno abbiano realmente rispecchiato le reali capacità di Rebentina. In ogni caso, elaborata insieme la delusione iniziale, abbiamo iniziato a pensare al passo successivo e Rebentina, come tre anni fa ha le idee chiare, ha scoperto che a scuola le piacciono la lingua inglese e la natura, vorrebbe diventare una guida turistica oppure un ranger e lavorare nei parchi nazionali. Facciamo allora una ricerca su internet direttamente dalla finestra di casa Tulime, stiracchiando le braccia per ricevere meglio il segnale e scopriamo che ad Iringa esistono vari corsi che preparano a questo tipo di professione. Iniziamo ad entusiasmarci, io fantastico di una Rebentina armata che scaccia i bracconieri e scorrazza in jeep per la savana, lei ride. Adesso ride. Rebentina ha un progetto di vita e siamo certi che lo seguirà con la tenacia di chi sa che le opportunità non sono dovute e che la strada bisogna spianarsela da soli. Rebentina per me è il volto del nostro progetto Mwalimu.
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