Devo confessare di nutrire un forte preconcetto nei confronti dei “santi moderni”. Di quei santi “forse” duri con se stessi ma certamente molto duri con gli altri. “Forse” indulgenti con se stessi, per strani percorsi celesti, ma certamente spietati con il proprio prossimo che evidentemente non valutano tale. Quei santi la cui santità è universalmente riconosciuta e più che essere ascesi al cielo sembrano essere stati assunti in terra in veste di arredo urbano. Quelli che profumano di santità a grande distanza, con troppe stimmate e tutte sempre a favore di telecamera.

I “santi subito” e decisamente santi troppo presto. I santi Papi che si santificano a vicenda e a rotazione. I santi armati di un nutritissimo caricatore di miracoli che scaricano senza risparmiarsi su una folla di fedeli invasati che se li aspettano come “si aspettano gli incidenti alle gare automobilistiche”. I santi talmente santi che gli hanno anche dato l’interim del Ministero alla Divinità, i “santi della gente” il cui populismo mistico la Chiesa prima subisce e poi usa per fini tutt’altro che santi.

Forse, e in realtà, è proprio l’idea di “santo” che non mi convince, così come sul piano della laicità non mi convince l’idea dell’eroe.

Oggi però è il giorno in qui si celebra il “mio Santo”. E’ un Santo antico, vecchio di quasi mille anni la cui storia è oramai mito. Una storia che ha fatto la storia, se non dell’umanità, almeno di una chiesa alla quale, in un certo momento, è tornato pure comodo. Un Santo che mi piace perché ha un bel nome che con la storia della chiesa c’entra poco, il nome che questo Papa ha scelto per se stesso che, come dice qualcuno “figurati se lo sceglieva se era un Francescano…ma siccome era Gesuita poteva permetterselo!”.

Un Santo pazzo, il “giullare del Signore”, come pazzo era mio nonno che portava il suo nome e forse, per una strana “genetica onomastica” sono un poco pazzo anch’io.

Un Santo che camminava con i piedi scalzi (diffidate sempre di quelli che camminano a piedi scalzi!), un po’ panteista (e adesso la ho detto grossa ma potrò sempre dire che mi sono sbagliato e che volevo scrivere panenteista) capace di trovare sempre Dio leggendo fra le righe del suo creato. Capace di parlare agli uomini perché padrone del linguaggio di tutte le creature prima che della loro. Un Santo un poco “paraculo” (questa è più grave che dire panteista?) capace all’inizio di farsi i cavoli suoi per poi, come Zeffirelli fa dire a Paolo con rabbia nel bellissimo “Fratello Sole e Sorella Luna“: “…e poi improvvisamente si sveglia una mattina e prende al volo Dio…così…come se fosse un uccello che vola per l’aria”. Un Santo la cui sequela mi è sembrato, per un attimo, nella mia vita, potesse rappresentare la mia strada. Un Santo poeta, infine, che senza telecamere, senza internet, e soprattutto senza giornalisti fra i piedi, è stato capace di fare giungere fino a noi la sintesi del proprio pensiero per il tramite di versi che continuano, anche nel nostro tempo, ad ispirarci.

Da sempre amo leggere, soprattutto quando sono impegnato a superare certe curve del mio sentiero, uno dei capitoli dei suoi Fioretti, uno dei capitoli più famosi che oggi voglio dedicare a tutti gli amici che condividono con me questo nome e soprattutto ad una persona: quel Frate Paolo (al secolo Marino) che tanto ha ispirato la mia vita e per lungo tempo si è fatto stella sul mio cammino, nella speranza che anche oggi fra suoni di tamburi e a piedi scalzi voglia ballare, i campanacci alle caviglie, un po’ Santo e un po’ giullare, sulla terra rossa d’Africa.

Da “I Fioretti” , Capitolo VIII

“Come andando per cammino santo Francesco e frate Leone, gli spuose quelle cose che sono perfetta letizia.
Venendo una volta santo Francesco da Perugia a Santa Maria degli Angioli con frate Lione a tempo di verno, e ‘l freddo grandissimo fortemente il crucciava, chiamò frate Lione il quale andava innanzi, e disse così: “Frate Lione, avvegnadioché li frati Minori in ogni terra dieno grande esempio di santità e di buona edificazione; nientedimeno scrivi e nota diligentemente che non è quivi perfetta letizia”.
E andando più oltre santo Francesco, il chiamò la seconda volta: “O frate Lione, benché il frate Minore allumini li ciechi e distenda gli attratti, iscacci le dimonia, renda l’udir alli sordi e l’andare alli zoppi, il parlare alli mutoli e, ch’è maggior cosa, risusciti li morti di quattro dì; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia”.
E andando un poco, santo Francesco grida forte: “O frate Lione, se ‘l frate Minore sapesse tutte le lingue e tutte le scienze e tutte le scritture, sì che sapesse profetare e rivelare, non solamente le cose future, ma eziandio li segreti delle coscienze e delli uomini; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia”.
Andando un poco più oltre, santo Francesco chiamava ancora forte: “O frate Lione, pecorella di Dio, benché il frate Minore parli con lingua d’Agnolo, e sappia i corsi delle istelle e le virtù delle erbe, e fussongli rivelati tutti li tesori della terra, e conoscesse le virtù degli uccelli e de’ pesci e di tutti gli animali e delle pietre e delle acque; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia”.
E andando ancora un pezzo, santo Francesco chiamò forte: “O frate Lione, benché ‘l frate Minore sapesse sì bene predicare che convertisse tutti gl’infedeli alla fede di Cristo; iscrivi che non è ivi perfetta letizia.

E durando questo modo di parlare bene di due miglia, frate Lione, con grande ammirazione il domandò e disse: “Padre, io ti priego dalla parte di Dio che tu mi dica dove è perfetta letizia”.
E santo Francesco sì gli rispuose: “Quando noi saremo a santa Maria degli Agnoli, così bagnati per la piova e agghiacciati per lo freddo e infangati di loto e afflitti di fame, e picchieremo la porta dello luogo, e ‘l portinaio verrà adirato e dirà: Chi siete voi? e noi diremo: Noi siamo due de’ vostri frati; e colui dirà: Voi non dite vero, anzi siete due ribaldi ch’andate ingannando il mondo e rubando le limosine de’ poveri; andate via; e non ci aprirà, e faracci stare di fuori alla neve e all’acqua, col freddo e colla fame infino alla notte; allora se noi tanta ingiuria e tanta crudeltà e tanti commiati sosterremo pazientemente sanza turbarcene e sanza mormorare di lui, e penseremo umilmente che quello portinaio veramente ci conosca, che Iddio il fa parlare contra a noi; o frate Lione, iscrivi che qui è perfetta letizia.
E se anzi perseverassimo picchiando, ed egli uscirà fuori turbato, e come gaglioffi importuni ci caccerà con villanie e con gotate dicendo: Partitevi quinci, ladroncelli vilissimi, andate allo spedale, ché qui non mangerete voi, né albergherete; se noi questo sosterremo pazientemente e con allegrezza e con buono amore; o frate Lione, iscrivi che quivi è perfetta letizia.
E se noi pur costretti dalla fame e dal freddo e dalla notte più picchieremo e chiameremo e pregheremo per l’amore di Dio con grande pianto che ci apra e mettaci pure dentro, e quelli più scandolezzato dirà: Costoro sono gaglioffi importuni, io li pagherò bene come son degni; e uscirà fuori con uno bastone nocchieruto, e piglieracci per lo cappuccio e gitteracci in terra e involgeracci nella neve e batteracci a nodo a nodo con quello bastone: se noi tutte queste cose sosterremo pazientemente e con allegrezza, pensando le pene di Cristo benedetto, le quali dobbiamo sostenere per suo amore; o frate Lione, iscrivi che qui e in questo è perfetta letizia.
E però odi la conclusione, frate Lione. Sopra tutte le grazie e doni dello Spirito Santo, le quali Cristo concede agli amici suoi, si è di vincere se medesimo e volentieri per lo amore di Cristo sostenere pene, ingiurie e obbrobri e disagi; imperò che in tutti gli altri doni di Dio noi non ci possiamo gloriare, però che non sono nostri, ma di Dio, onde dice l’Apostolo: “Che hai tu, che tu non abbi da Dio? e se tu l’hai avuto da lui, perché te ne glorii, come se tu l’avessi da te?”.
Ma nella croce della tribolazione e dell’afflizione ci possiamo gloriare, però che dice l’Apostolo: “Io non mi voglio gloriare se non nella croce del nostro Signore Gesù Cristo””.
A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen”.

10 pensieri su “In perfetta letizia

  1. Il tuo santo è tra i pochi nel quale credo ancora..
    E sposo del tutto quanto hai scritto sui “santi moderni”.
    Hai scritto ispirato, Francè.
    A te va tutto il mio augurio più affettuoso

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  2. Ho scritto una montagna di roba su S. FRANCESCO, hai ragione sui santi subito ne ho piene le scatole. Ne fanno a vagonate e non hanno capito che è la cosa più controproducente. Credono di trascinare più credenti, anziché accrescere più fede con l’esempio. Un caro saluto, Giusy

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          1. D’accordo…I santi sono anche laici che si prodigano ogni giorno per il bene del prossimo, anche senza il beneplacito di una Chiesa

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