L’autunno è arrivato. Non lo dice solo il calendario. Si sente nell’aria, si legge nelle cose. In questi giorni ha finalmente piovuto un poco. La campagna attorno casa si è ricoperta di un tenero tappeto erboso, ho fatto la prima fruttuosa raccolta di asparagina, il cielo è più limpido di prima, il vento più fresco.
Ma testimone particolare dell’arrivo dell’autunno è il mio orto. Già da agosto ha quasi esaurito la sua energia riproduttiva. Tutte le conserve che potevamo fare sono state fatte. Caponata di melanzane, peperoncini tondi con il loro cuore di acciughe e capperi, pomodori pelati, salsa di pomodoro, conservati dentro barattoli e bottiglie fanno bella mostra di se sugli scaffali del sottoscala e della cucina. Ci restituiranno un pezzo d’estate durante le serate invernali.
Io però a fine agosto ho smesso di curare l’orto in senso agricolo. Mi limito ad irrigarlo ogni tanto per garantirmi il dono di sporadici pomodori e peperoni sopravvissuti all’abbandono, ma non tolgo più le erbacce cosa che lo ha trasformato in poco tempo in una sorta di giungla impenetrabile.
Le melanzane hanno creato il loro presidio resistente in un angolo e grazie alla sostante allelopatiche che rilasciano nel terreno hanno mantenuto le piante infestanti sotto controllo. Fra qualche giorno raccoglieremo le piccolo melanzane, frutto di questo autunno, e le faremo “ammuttunate” (imbottite) per la gioia dei palati mio e di Veronica e con grande disappunto di Zaccheo che commenta il piatto dicendo che “sembra di mangiare carbone” (il riferimento è al colore della buccia delle melanzane e non certamente al sapore).
Alcuni, pochi, pomodori occhieggiano attraverso una vegetazione all’interno della quale, in pochi centimetri quadrati e per chi sa scorgerla, si esprime una biodiversità da foresta amazzonica.
I fagiolini sono andati a seme e così le zucche che noi chiamiamo “napoletane”. Si sono garantiti una discendenza che esploderà nei giorni che precedono la primavera all’interno del mio semenzaio.
Tutto sembra ricordare una specie di assedio. Le infestanti, il muschio, le foglie che cadono dagli alberi, rappresentano l’esercito invasore dell’autunno, le piante dell’orto estivo sembrano tanti disperati avamposti che, ormai circondati dal nemico, tentano una strenua ma disperata resistenza.
Eppure c’è qualcuno fra di loro che vince sempre, c’è una pianta che costituisce un tessuto, un codice segreto che tiene assieme questi avamposti apparentemente isolati. C’è una pianta che ha passato tutta l’estate a tessere una intricata rete, adesso invisibile perché ipogea rispetto al tappeto costituito dalle infestanti, una rete però ancora viva, pervasiva, imperscrutabile.
Sono le zucche che noi chiamiamo “di inverno”. Piantate in diversi angoli dell’orto si sono diramate nei mesi estivi da ogni parte, hanno donato zucche al mio vicino sconfinando oltre la recinzione, hanno scalato piante di ficodindia e di limone dalle quali adesso pendono frutti impropri e surreali. Ieri con il mio ragazzo abbiamo raccolto quelle più visibili fra l’intrico delle erbacce e alcune potete vederle nelle foto.
Le piante di zucca hanno vinto e saranno ancora per diversi giorni padrone dell’orto e dell’autunno, creeranno un collegamento con gli altri ortaggi che resistono ancora in alcuni punti dell’orto. Ratificano il loro temporaneo trionfo stendendo sulla galassia infestante la coltre di stelle arancioni che ogni mattina ci dona una nuova firoritura. Su le seconde fioriture ho esposto i miei dubbi in un altro post, eppure adesso d’un tratto il loro senso mi appare evidente: sono la delizia delle mie api.
E,poi, gli americani la trasformano in un mostro..:(
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e noi siciliani in zucca in agrodolce…
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Ricetta please..
Poi più tardi ti digito una mia..
😀
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A beneficio di tutti i lettori:
si taglia la zucca a rettangolini spessi mezzo centimetro che friggerete in abbondante olio d’oliva fino a quando non si colorano di un bel arancione scuro e non si appassiscono un poco. Questa operazione purtroppo è abbastanza lunga.
Intanto a parte si prepara a freddo il condimento a base di olio d’oliva, aglio, sale, aceto e zucchero. Il tutto va brevemente battuto con una forchetta. Non esistono delle dosi e va fatto secondo il proprio gusto mettendo però in evidenza la nota acida dell’acero e quella dolce dello zucchero. Alla fine si aggiungono alcune foglioline di menta.
Appena la zucca è fritta si dispone su un piatto e la si ricopre con il condimento fatto prima. La si lascia riposare anche un giorno intero. Più riposerà più la zucca si insaporirà con il condimento. Prima di portarla in tavola si guarnirà con alcuni ciuffetti di menta.
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Fantastica..
Nota acida dell’acero? Aceto, insomma.
E se uso il balsamico di Modena?
Ti sarò sempre debitrice..
Un omaggio ti è dovuto..
Si tratta di una informazione profumata..
https://www.facebook.com/events/1763889077183776/
( vado di corsa: alle 15 ho appuntamento dal dentista)
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meglio un aceto più forte…grazie per l’omaggio.
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Il tutto è gustosissimooooooooo
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lo è veramente!!!
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Le zucche!!! Sono curiosa di sapere se le mie ricette riusciranno bene! 😉
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adesso viene il tempo di metterle in atto!!!
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Ottimo!
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Adoro la zucca, peccato che quest’anno non le raccoglieremo io e Roberta…
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chi è Roberta?
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