Creare

Creare…contemplare…comprendere. Il Vecchio non riusciva a togliersi dalla testa queste tre parole. Da tempo, seduto sul seggio in cima al monte, le faceva girare all’interno della sua mente, le poneva in relazione circolare, poi provava a isolarle ma quelle tornavano nuovamente a ricomporre il circolo che da tempo non lo abbandonava più.

Creare…contemplare…comprendere. Forse era la mappa, forse era il codice, forse il motto e l’indirizzo, ma nonostante tutto non riusciva a crederci.

Creare in fondo era stato facile. Tranne che per qualche problemino che ancora adesso faticava a risolvere, poi il resto gli era venuto naturale, diciamo pure che era nelle sue corde. Ma contemplare? Comprendere? Quello non sarebbe dipeso più da lui. Avrebbe dovuto dare mandato, decentralizzare, responsabilizzare qualcun altro; e in questo lui non era tanto bravo. E poi chi? La Creatura che ancora doveva venire, il suo “Programma Finale”, il “Prodotto più evoluto” di questa sua creazione? E che poteri avrebbe dovuto darle? Quale “centrale della sensibilità” avrebbe dovuto elaborare affinché la creatura fosse stata in grado di adempiere al proprio compito? Quale organo dell’intelligenza?

Intanto però la Creatura che ancora doveva venire era appunto da venire e lui aveva un bel po’ di problemi più urgenti ancora da risolvere.

Proprio in quel momento si materializzò davanti al seggio Il Messaggero Elaboratore n. 7 (nel seguito del racconto chiamato ME7). “Buon giorno ME7” disse il Vecchio “quali novità mi porti oggi?“. Nonostante lo splendore che emanava si vedeva che ME7 era imbarazzato. “Purtroppo nessuna buona nuova Signore“.

Cosa accade ME7?“.

Si ricorda Signore il nostro problema di ieri? Ci sembrava di essere a posto con la Vita e invece qualche cosa non funziona“.

Continua“, lo invitò preoccupato il Vecchio.

Bene” continuò ME7, stropicciandosi le ali, “abbiamo tutta questa acqua, che devo ammettere che è una cosa bellissima, e a questo punto è pure piena di tutte quelle microscopiche creaturine che si riproducono anche in fretta…questa cosa della riproduzione poi è stata veramente un idea geniale!

Lascia da parte l’adulazione e continua” lo esortò un po’ spazientito il Vecchio.

Il problema è che a sta miriade di creaturine gli hai messo a disposizione una fonte di energia assolutamente sovradimensionata. La Stella emette ogni giorno una quantità incredibile di energia e loro sono capaci di sfruttarne una parte veramente minima“.

Va bene ME7, ma aumentando di numero vedrai che ne capteranno di più e poi ci inventeremo qualche cosa perché diventino più efficienti“.

Signore purtroppo la questione non è tutta qui“, ME7 arrossi visibilmente. “C’è anche un problema…è una cosa abbastanza imbarazzante…ha a che fare con i prodotti di scarto?“.

I prodotti di scarto? Ma perché abbiamo creato anche quelli?” chiese allibito il Vecchio.

Non proprio Signore…non li abbiamo creati direttamente…diciamo che sono un effetto collaterale della Creazione. Qui tutti cominciamo a chiamarla <Cacca>…e sapesse quanta ne fanno ste microscopiche creaturine…già stanno riempiendo tutto il mare…e tutta l’aria…temo veramente che l’intero sistema possa collassare da un momento all’altro“.

Il vecchio non sapeva veramente cosa pensare. Credeva che una volta dato l’avvio a questa storia della Creazione le cose sarebbero poi andate da se e invece era costretto ad intervenire continuamente per raddrizzare tutto ciò che di storto continuava a presentarsi.

Che proponi ME7?“, il Vecchio se ne usciva sempre così quando era alle strette.

Io un’idea veramente ce l’avrei” disse il Messaggero. E con un gesto un po’ drammatico e teatrale tirò fuori da non si sa bene dove una specie di grosso gettone verde.

Che è?” chiese scettico il Vecchio.

E’ un fotoricettore. Se lo innestiamo per benino nelle creaturine e poi magari ci costruiamo intorno un paio di altri accrocchi fatti bene, quelle potrebbero cominciare ad utilizzare l’energia della Stella con molta più efficacia e addirittura immagazzinarla. Guardi abbiamo fatto delle prove. Viene fuori questa sostanza bianchiccia e appiccicosa che è pure buona da mangiare“.

Il Vecchio sempre più scettico allungò l’indice della mano destra (si, lo stesso con il quale poi avrebbe combinato tutto quel patatrak della “Creatura che ancora doveva venire”) e strofinatolo sulla sostanza bianchiccia lo porto alla bocca. Era dolce!

Il vecchio guardò in maniera un po’ meno scettica ME7 e disse: “Si…va bene…ma come facciamo con la cacca delle creaturine?“.

ME7 a quel punto sembrava una palla di luce tanta era la gioia per quello che stava per mostrare al Vecchio. Tirò fuori una scatoletta e inserì in una fessura il gettone verde. Poi in un imbuto in cima alla scatola fece scivolare una specie di poltiglia grigiastra. “Aria piena di cacca delle creaturine” disse nel caso in cui il vecchio non avesse capito cosa stesse facendo. Pigiò un pulsante e la scatola cominciò a ronzare dolcemente. A quel punto invitò il vecchio a mettere il proprio naso proprio sull’imbuto dal quale era entrata la poltiglia.

Il vecchio esitò un attimo ma poi lo fece. Se non si fidava dei suoi Messaggeri di chi avrebbe potuto fidarsi (la storia alla fine gli avrebbe dato torto). Dall’imbuto veniva fuori un’aria sottile e trasparente. Non proprio un profumo, non ancora un profumo. Piuttosto una promessa di profumo, l’inizio di una storia nuova.

Il vecchio salto giù dal seggio e abbraccio forte ME7. Non c’era bisogno di parole. ME7 era raggiante.

E come chiameremo tutto ciò” chiese infine il Vecchio. “Per il disco avevo pensato a <Clorofilla>” disse ME7 “e per il processo a <Fotosintesi clorofilliana>“.

A inventare le cose sei un genio” disse il Vecchio, “ma con i nomi sei proprio messo male. Chi vuoi che si entusiasmi a sta cosa con dei nomi così noiosi! Vabbè…mi inventerò qualche cosa io“.

Poi preso dalle mille incombenze della Creazione se ne dimenticò.

Contemplare 1

Era bastato poco tempo perché tutto cambiasse. Il Vecchio volle celebrare quel giorno con uno dei suoi voli radenti. E scese planando dal monte e tutto attorno era cambiato. Quel grigio, quel rossastro…erano spariti in così poco tempo. Azzurro il cielo. Azzurre le acque. Ma ciò che più sorprendeva era tutto quel verde. Il colore del gettone replicato per miliardi di volte. Inserito in miliardi di creature. “Era quello il colore della prima alleanza?” si chiese il vecchio. E poi comprese che la sua Creazione poteva essere contemplata solo se oltre che funzionale fosse stata anche bella (solo molto dopo il Vecchio avrebbe capito di avere inventato anche l’artigianato). E tutto quel blu, quell’azzurro che diventava cobalto quando la Stella mandava i propri raggi con una certa inclinazione, tutto quel verde…era Bello. E il Vecchio contemplava e sorrideva.

Contemplare 2

Il vecchio Maestro contemplava. Dalla cima della montagna riusciva a vedere tutta la sua casa. Quella casa che è grande quanto è grande il tuo cuore; e il cuore del Vecchio Maestro era molto grande. Vedeva gli alberi che accompagnavano il fiume nel suo tortuoso scendere a valle. Vedeva gli alberi ricoprire, come fossero un manto di velluto, i monti della sua terra. Vedeva gli alberi che arrivavano fino al piano, giù a valle. Qualcuno avrebbe detto che si trattava di pini bianchi, di faggi, di querce, di platani americani. Per il vecchio Maestro i nomi non contavano nulla. Lui li conosceva quasi tutti singolarmente, “personalmente”. Li aveva incontrati, quasi uno per uno, negli anni in cui aveva peregrinato in lungo e in largo attraverso la sua casa. Ad ognuno di loro avrebbe potuto dare un nome, come si fa con un amico. Il vecchio Maestro li vedeva tutti ma soprattutto poteva sentirli. Riusciva a sentire il loro continuo sgranocchiare la luce del sole. Sentiva i raggi della Stella baciarli con dolcezza sulle foglie, sugli aghi. Sentiva gli alberi che con avidità quella luce succhiavano al proprio interno, proprio come farebbe il bambino al seno della Madre.  

Sentiva gli alberi respirare.

Inspira!

E ogni singola cellula di quegli esseri solenni immetteva al proprio interno anidride carbonica.

Un giro del gettone verde.

E un impercettibile granello di zucchero si era formato.

Un altro scatto.

Espira!

Una meravigliosa azzurra bolla di ossigeno veniva fuori li dove l’albero era stato baciato dalla luce della Stella. Un “grazie” etereo e gassoso in cambio di un dono d’energia.

Il vecchio Maestro sentiva dentro di se la meraviglia sbocciare come fosse un fiore e si chiedeva come sarebbe stato possibile trasmettere tanta meraviglia agli altri uomini. Come riuscire a far si che i bambini, soprattutto i bambini, potessero innamorarsi di tanto splendore, potessero coglierlo, volessero contemplarlo, riuscissero a comprenderlo.

Dovremmo fare entrare i bambini dentro le foglie” continuava a ripetersi, “dovremmo portare i bambini a fare un viaggio magico dentro una foglia“.

Comprendere

Il giovane Maestro li aveva sentiti arrivare. Avevano lanciato un urlo feroce quando erano arrivati all’ultimo pianoro prima del Centro. Adesso erano tutti li, in cerchio, davanti a lui. Aveva già sentito il loro nomi un paio di volte e poi li aveva anche scritti sui cerchietti di legno che portavano appesi al collo. Non aveva bisogno di leggerli dai cerchietti per ricordare i più originali. Tutti fra gli otto e nove anni (o 7 miliardi e 8/9 anni, come amava dire il giovane Maestro per ricordargli che in realtà la loro storia era cominciata con quella dell’Universo). Tutti agitati, scalpitanti, aggressivi, ipercinetici, luminosi, urlanti. Tutti bellissimi insomma.

Il giovane Maestro chiese la loro attenzione a bassa voce. Lo fece più con gli occhi che con la voce e poi dalla sua misteriosa borsa estrasse una lavagnetta e del gesso. Tanto bastò ad ottenere il loro silenzio. Poi con voce gentile chiamò una bambina. “Galatea?“. Il giovane Maestro scandì il suo nome. Da quando l’aveva vista arrivare quella mattina, da quando aveva sentito il suo nome, da quando aveva incrociato per la prima volta quegli occhi nei quali ardeva un fuoco castano di curiosità, molte cose gli erano tornate in mente e quindi aveva deciso che quando sarebbe venuto il momento avrebbe chiamato lei. Galatea, un po’ goffa e timorosa, uscì dal cerchio e si avvicino al giovane Maestro. “Allora Galatea, so che nei giorni passati avete studiato un po’ con i vostri insegnanti questa storia della Fotosintesi Clorofilliana“, il giovane Maestro avvertì chiaramente una specie sbuffo, come di un pallone che si sgonfia. Sapeva che si trattava del suono che faceva l’attenzione e la curiosità di ogni ragazzo ogni volta che questa parola veniva pronunciata: era una parola che emanava una grande puzza di scuola e di noia.

Adesso vorrei che ricordassi a me e ai tuoi compagni, scrivendolo su questa lavagna, cosa succede dentro ad una foglia“. Galatea, anche lei un po’ “sgonfiata” cominciò a tracciare in fretta lettere e numeri e a presentarli brevemente: “nella foglia entra l’acqua” e scrisse H2O, “entra l’aria dove è contenuta l’anidride carbonica” e scrisse CO2, “e poi avviene qualche cosa che nessuno di noi ha capito bene” e dicendolo abbassò la voce nel timore che la maestra (che però era impegnata in una conversazione telefonica che durava da circa un’ora) potesse sentirla. “Eh?” la sollecitò il giovane Maestro. “E allora, non sappiamo come, dalla foglia viene fuori una cosa buona da mangiare che si chiama zucchero” e scrisse CH2O (il giovane Maestro apprezzò il fatto che la maestra aveva risparmiato loro almeno tutti quegli inutili 6 e 12) “e una cosa buona da respirare che si chiama ossigeno” e concluse la sua opera alla lavagna scrivendo O2.

Grazie Galatea” disse il giovane Maestro “sei stata proprio bravissima! Si però adesso ragazzi scordatevi tutta questa storia noiosissima di numeri e lettere“, sentì che il palloncino della loro curiosità si rigonfiava leggermente, “e seguitemi, vi devo portare in un posto speciale che abbiamo qui al centro“. Si mossero in fila indiana, cominciando a percorrere un sentiero interamente costellato da innumerevoli cartelli sui quali c’era scritto di volta in volta: “Attenzione…zona top secret…vietato proseguire…zona interdetta ai non addetti ai lavori“. I ragazzi si scambiavano sguardi sul genere: “ma questo strano tipo dove ci sta portando?”. Poi il sentiero improvvisamente si aprì su una radura e al centro della radura c’era uno degli oggetti più strani che avessero mai visto. Era una gigantesca foglia, grande la metà del pullman con il quale erano arrivati quel giorno, tutta verde, piena di venature e con un lungo picciuolo che la collegava ad uno degli alberi che circondavano la radura. Su di essa troneggiava un cartello con la scritta “Benvenuti alla Fabbrica del Cibo“.

Il giovane Maestro attese qualche secondo affinché il loro stupore si smorzasse un po’ e poi disse: “benvenuti alla Fabbrica del Cibo! Era proprio qui che volevo portarvi. Come avete visto dai tanti cartelli lungo il sentiero abbiamo avuto bisogno di moltissime autorizzazioni per potervi condurre fino a qui. Ma alla fine ci siamo riusciti“.

Poi aggiunse: “Certo qui non si viene per fare niente e per stare con le mani nelle mani e quindi vorrei che ognuno di voi lavorasse per un po’ oggi per e nella Fabbrica del Cibo“, fitto scambio di sguardi preoccupati.

Adesso metà di voi andranno fra quegli alberi che ci sono li in fondo…si proprio li…da dove penzolano quegli strani sacchetti. Da questo momento voi siete i <Messaggeri molecolari>…non dimenticatelo L’altra metà invece…“, e a questa parte del gruppo apparteneva anche Galatea “…indosserà questi caschetti verdi da cantiere. Vi serviranno per entrare in assoluta sicurezza dentro la Fabbrica del Cibo e li vi si chiederà di svolgere la vostra opera di <Clorospie>. Si perché ancora cosa succede esattamente dentro la Fabbrica non lo ha capito nessuno. Gli scienziati ci hanno scritto su un po’ di formule noiose, ma cosa succede esattamente ancora non lo ha capito nessuno. Noi speriamo che voi Clorospie riuscirete a carpire finalmente il segreto“.

Le Clorospie orgogliosissime dei proprio caschetti cominciarono a gattonare dentro la grande foglia mentre i Messaggeri Molecolari, un po’ invidiosi, si avviavano verso la zona che il giovane Maestro aveva indicato loro. Galatea fu l’ultima ad entrare nella grande foglia. Dapprima i suoi occhi furono un po’ confusi dalla penombra che regnava all’interno, ma una volta adattatisi vide che era entrata all’interno di una vera e propria fabbrica o almeno in una fabbrica come lei se la immaginava da quel poco che aveva visto in TV. Tubi che arrivavano dal soffitto e tanti piccoli tavoli attorno ai quali si riunirono.

Da un altoparlante un po’ gracchiante arrivò la voce del giovane Maestro: “allora ragazzi di cosa c’è bisogno nella Fabbrica del Cibo per avviare il processo?“.

Le Clorospie ricordavano ancora bene la breve “lezione” di Galatea fatta qualche minuto prima e gridarono all’unisono: “di acqua!!!“. I Messaggeri Molecolari a quell’urlo si resero conto che dalle chiome degli alberi, sulle loro teste venivano giù una serie di sacchetti di stoffa con sopra ricamata la scritta “H2O”; ne staccarono alcuni e li portarono alla Fabbrica.

Da dove entra l’acqua nella Foglia?” chiese il giovane Maestro. I Messaggeri Molecolari si accorsero allora che il picciuolo della foglia era in realtà un tubo all’interno del quale era possibile fare rotolare i sacchetti. Le Clorospie se li videro piombare sui tavoli e li aprirono. Dentro c’erano due palline da ping pong attaccate con il velcro: in una c’era scritto H2 e in un altra O.

Invitati a dire cosa altro serviva urlarono questa volta “CO2…anidride carbonica!“. La scena si ripetè quasi identica solo che adesso i Messaggeri Molecolari si accorsero che sulla superficie della foglia si aprivano alcune fessure e ricordarono che la maestra gli aveva detto che proprio da li entra l’anidride carbonica nella foglia. Questa volta le Clorospie furono raggiunti da innumerevoli sacchetti di stoffa con sopra ricamata la scritta “CO2” li aprirono e dentro trovarono nuovamente due palline unite con il velcro “C” e “O2”.

Dall’altoparlante arrivò nuovamente la voce gracchiante: “adesso abbiamo tutto per produrre lo zucchero? Vi ricordate come era composto? CH2O…avete tutto per farlo?“. A loro sembrava di avere proprio tutto “C” era una delle due palline dell’anidride carbonica e “H2O” la prendevano tale e quale dall’acqua. Ma per quanti sforzi facessero il velcro in questo caso non funzionava e lo zucchero non riusciva a stare assieme.

La voce dall’altoparlante allora suggerì qualche cosa: “forse abbiamo dimenticato qualche cosa…“. Galatea improvvisamente ricordò che la maestra aveva detto loro che perché questo misterioso processo funzionasse era necessario che sulla foglia arrivasse la luce del sole e anche se era preoccupata di sparare una stupidaggine gridò: “manca il sole!“.

E i Messaggeri Molecolari si resero allora conto che su di loro penzolavano ancora alcuni sacchetti gialli sui quali era ricamata la lettera “S”. Li portarono alla Fabbrica e mandarono giù anche questi dalle fessure sulla superficie della foglia.

Le Clorospie aprirono i sacchetti. Dentro c’erano delle palline gialle con la lettera “S” e se le si metteva fra la “C” e “H2O” servivano perfettamente a fare funzionare tutto e a tenere assieme lo zucchero. 

C-S-H2O. Adesso era davanti ai loro occhi.

La voce del giovane Maestro a quel punto disse: “bravissimi!!! Siete riusciti a creare lo zucchero, ma ricordatevi che resta ancora una cosa molto importante. Si proprio quelle…le palline con su scritto O2…l’ossigeno…buttatele fuori dalla foglia, perché magari riusciamo a  resistere qualche giorno senza mangiare ma sfido ognuno di voi a resistere per più di qualche secondo senza respirare“.

I bambini allora vennero fuori dalla foglia, gli altri tornarono dalla loro postazione fra gli alberi. Tutti arrossati in volto, tutti eccitati parlavano fra di loro. Chi si sarebbe mai aspettato che una cosa apparentemente così noiosa potesse diventare così divertente. Il giovane Maestro allora passo fra di loro con un cestino all’interno del quale erano contenuti alcuni spicchi di arancia. I bambini avevano “duramente” lavorato alla Fabbrica del Cibo e adesso era giusto che ricevessero in cambio la loro “retribuzione”. 

Il giovane maestro notò subito che fra tanta eccitazione Galatea era rimasta in silenzio con gli occhi bassi. Allora si avvicinò alla bambina e le chiese: “che succede Galatea? Non ti sei divertita? Non ti è piaciuto lavorare alla Fabbrica del Cibo?”. La bambina sollevò lentamente il volto e fisso negli occhi il giovane Maestro e poi disse: “il fatto è maestro che io fino ad ora questa storia della Fotosintesi non l’avevo capita proprio e  invece adesso ho capito cosa è che fa veramente la foglia…“. “Si” rispose il giovane Maestro, “allora per favore…dimmelo“. E Galatea disse tenendo in mano quella serie di palline legate con il velcro: “ma non lo vedi maestro!!! La Foglia fa tanti <Panini imbottiti di Sole>“.

Il giovane Maestro non sapeva se ridere o piangere. Panini imbotti di Sole. Panini imbottiti di Sole. Una cosa buona da mangiare con dentro un frammento di Sole…una fetta calda e profumata di Sole. E a lui ci erano voluti tanti anni per capirlo e a spiegarglielo era stata una bambina di 9 anni in quella gloriosa mattina di aprile.

Tutto in un momento giunse a sintesi. Quando Galatea con l’indice della sua mano destra (si…lo stesso indice…lo stesso indice) fece vibrare la rete tutto assunse un significato, si riconnesse, creò un ciclo.

Inspirare.

Espirare.

Acqua.

Terra.

Aria.

Energia del Sole.

Vita.

Creare.

Contemplare.

Comprendere.

Per avermi ispirato questo racconto (che evidentemente avevo dentro da tanto tempo) e per avere preso in prestito l’attività “La Fabbrica del Cibo” (The Food Factory) dal programma educativo “Navicella Solare Terra” (Sunshipearth) voglio ringraziare con tutto il mio cuore l’Istituto per l’Educazione alla Terra (The Institute for Earth Education) e il suo creatore e mentore (nonché mio vecchio Maestro) Steve Van Matre.

4 pensieri su “Creare-Contemplare-Comprendere: un racconto.

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