Mi sa che ero un po’ arrabbiato. Mi sa che non vedevo nelle relazioni una soluzione alle mie preoccupazioni, ai miei problemi.

Mi sa che poi le cose sono cambiate, e poi tornate uguali, e poi cambiate nuovamente. Perché sembrerebbe che la vita è così, e si prende un po’ gioco di noi, e un momento sembra che non ci sia speranza e un attimo dopo splende nuovamente il sole.

 Non chiedo

Sono parole di dolore

Le uniche che la mia penna riconosce,

Angosce di solitudine e di abbandono

Dove non c’è dono che torni

Vivificato dal sorriso d’altri.

Non chiedo più l’affetto

Che gli ultimi giorni d’inverno

Non seppero darmi.

Disarmato per scelta, non ressi l’assalto

Di ben più giovani braccia

E seguire la giusta traccia

Rese, in ultimo, più solitario il salto.

Non chiedo più l’amore

Che sfiorai su primaverili prati bugiardi.

Troppo tardi mi accorsi

Che i giochi d’occhi e di mani

Sono i vani compagni

Dei volatori di stormo.

Attorno, lo ricordo,  non mi volava nessuno.

Non chiedo più l’amicizia

Che mendicai nell’estate spietata.

Stentata pianta, richiedeva

Tutta l’acqua già sciupata in pianto

In altri tempi, lontani da qui.

Alla fine non chiedo più nulla,

Se non d’essere esonerato

Dall’obbligo del mezzo sorriso

(Potendo così disertare qualunque compagnia

Senz’essere notato),

Dalla nausea della risposta penultima,

Dalla mortificazione della falsa ragione

Data alla pena

Che non fa mai breccia

Negli altrui cuori.

Niente più amori, dunque,

Né amicizie sorde,

Né affetti smozzicati

Che non guariscono

Questa inguaribile età.

Soltanto qualcuno, magari,

Che girandosi per strada

Mi guardi con pietà.

4 pensieri su “Non chiedo

  1. Se si conviene sul fatto che la vita è un gioco tra speranza e buchi neri, forse varrebbe la pena mettere in atto strategie per prendersi gioco di lei, lasciando passare leggermente i buchi neri e lasciando più spazio alla speranza.

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