Il sole cancella i colori sulla scritta “L’orto di Zaccheo“. Lo stesso sole matura gli ortaggi, fa crescere le piante.

Il nostro orto è tanto grande da assorbire gran parte del tempo che trascorro a casa. E’ tanto piccolo da imporci una gestione delle conserve un po’ particolare.

Conserviamo mano mano che i prodotti dell’orto maturano sulle piante (la natura funziona così). Questo vuol dire, per esempio, che per i pomodori pelati mettiamo in conto almeno tre giornate di “conservazione” durante la stagione e ogni volta conserviamo in dispensa una trentina di barattoli.

Ieri è stata la prima giornata dedicata alla salsa di pomodoro. Quando, tornato dal lavoro, sono stato in condizione di cominciare, fuori viaggiavamo attorno ai 38 gradi.

Primo paniere raccolto, con quell’odore di “pianta di pomodoro” che ti senti dappertutto.

Rientro a casa con temperatura in cucina ancora quasi normale o comunque ben bilanciata con quella esterna.

Spezzo il pomodoro costoluto con le mani, immergo le dita nella polpa morbida e calda per estrarne il picciuolo.

Primo pentolone preparato e sul fuoco.

Si torna nell’orto per il secondo paniere. L’odore cresce mano mano che mi muovo fra i filari e che le vescicole di essenza sugli steli si rompono. E uno degli odori dell’estate ma questo non saremo capaci di conservarlo. Devo godermelo adesso, in questo tempo che è il suo tempo e che non ammette repliche fuori stagione. 

Rientro con il secondo paniere. Secondo pentolone. La temperatura (ma anche l’aspetto) della cucina assomiglia sempre di più a quella della fucina di Vulcano.

Comunque ci si muova attorno alla casa, ovunque si vada, da dovunque si venga, arriva il profumo del pomodoro che ribolle. 

Con Veronica facciamo i turni al passapomodoro; senza alcun dubbio la parte più atletica dell’intera performance e di gran lunga la più noiosa.

La salsa ancora poco densa finisce nuovamente nei pentoloni. I semi e le bucce alle galline che apprezzano tantissimo (animali misteriosi).

La temperatura a questo punto in cucina è tale da darci la sensazione che da fuori arrivi aria fresca (nonostante la temperatura esterna si aggiri attorno ai 35 gradi).

Ci prendiamo una pausa mentre la salsa continua ad addensarsi sul fuoco. Attendiamo temperature migliori per affrontare l’ultimo cimento: l’imbottigliamento.

Dopo cena rientriamo coraggiosamente nell’antro. E a quel punto ci disponiamo ad accettare l’inaccettabile, a concepire l’inconcepibile: accendiamo anche il forno per sterilizzare le bottiglie e spegniamo il ventilatore a soffitto altrimenti si rischia l’esplosione delle bottiglie appena tirate fuori.

Poi, lentamente, cominciamo a versare quella lava purpurea in incandescenti contenitori. E’ a questo punto che ci è dato di sentire uno dei due suoni più belli di tutta questa storia: la salsa che sfrigola a contatto con il vetro della bottiglia. E’ un segno, è la “voce del processo” che sommessamente ci dice: stai agendo bene, il lavoro fatto è stato svolto con perizia e cura.

Dieci bottiglie, in fila per cinque, adesso sono pronte sul grande tagliere di legno. Ancora qualche minuto per rigovernare, riporre gli strumenti del nostro duro lavoro e poi in fretta fuori per la parte più bella del rito. Disteso sul divano, proprio sotto la finestra della cucina, pronto a cogliere il secondo dei suoni, quello che costituisce suggello all’intera impresa: lo schiocco del sottovuoto. Una, due, tre…una pausa…quattro, cinque…una pausa più lunga…poi senza interruzione: sei, sette, otto, nove, dieci.

Una sera d’inverno nel tempo che viene, magari stanchi, magari presi dal vortice del le cose che quasi niente e nessuno risparmia, magari vittime di uno di quegli amletici dubbi del tipo: “ma che mangiamo stasera?“, apriremo una di queste bottiglie. E improvvisamente, in un secondo solo, tutto ma proprio tutto verrà fuori, tutto ma proprio tutto ci verrà restituito.

Il calore di quel giorno, l’odore dei pomodori appena colti, il suono della salsa che borbotta nelle pentole, la sensazione del vapore che ti avvolge, lo schiocco del sotto vuoto.

Il profumo dell’estate. 

22 pensieri su “Dieci bottiglie di salsa

  1. Sarà ma mi sembra difficile che ti manchino le cose da scrivere. Racconti di una “ordinaria” giornata di conservazione e sembra di esserci e di sentire il caldo (beh quello anche qui non scherza in effetti), i profumi e tutte le sensazioni dell’estate di oggi e dell’inverno prossimo. Non è da tutti rendere affascinante la salsa di pomodoro 🙂

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