Il mio senso dell’orientamento costituisce un mistero prima di tutti per me stesso.

Entro in un palazzo. Prendo l’ascensore per recarmi in un punto qualunque di quel palazzo. Quando scenderò nuovamente, venendo fuori dall’ascensore, vi posso garantire che sceglierò di andare dalla parte sbagliata. L’uscita si trova a destra, bene, io andrò a sinistra. E questo nel 100 % dei casi con un’ostinazione che va contro a qualunque elementare principio della statistica.

Mi trovo in una città? Vi assicuro che qualunque sia il punto io debba raggiungere mi muoverò in direzione esattamente opposta. E poi, come dice mia moglie, ho anche una “maschile” avversione nei confronti del chiedere informazioni.

Fino a qui credo di non avere raccontato nulla di particolarmente strano. Ognuno di noi conosce persone che si perderebbero nel parcheggio di casa propria.

Il fatto è che quando invece mi trovo in una situazione naturale come un  bosco o una montagna, una di quelle nelle quali mancano i punti di riferimento costituiti da manufatti umani, io mi oriento benissimo.  Scelgo una meta e la raggiungo senza problemi anche soltanto con l’utilizzo di vecchi sistemi quali una bussola e una cartina (che sono anche quelli che preferisco). Leggo i segni del territorio nella stessa maniera in cui non sono capace di leggere i segni dell’uomo, soprattutto se questi sono lasciati a forza di cemento e di acciaio.

Mi si addicono i sentieri, non così per l’asfalto.

8 pensieri su “Senso dell’orientamento

  1. Io sono capace di perdermi ovunque, boschi, città, edifici… le cartine le userei al contrario, la bussola la guarderei senza capire… e già a chiedere informazioni si pone il problema di ricordarsele 😅

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  2. io mi disoriento nelle città dove non c’è il mare, o nemmeno un corso d’acqua…
    è interessante questa cosa che hai scritto rispetto al nostro modo di avvertire i luoghi e abitarli, attraversarli, farli percorsi viventi; in fondo è quello, percepirli in interazione vitale con noi… almeno per me è così

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