Le cose entrano in risonanza. Il mio post prima, poi le risposte delle mie sorelle. A quel punto scavo un po’ e recupero una poesia. Tutto è connesso, tutto racconta la stessa storia.

Certo a quel tempo non c’era mio componimento che non avesse dentro una buona dose di “pianto”, in metafora e nelle parole.

Almeno però questa volta la parola “cotogno” non l’ho scelta solo perché fa rima con “sogno”.

Qualche ragione ci sarà. Sia per il pianto che per il cotogno intendo.

Ramo

Il paese in fondo tremola oltre la strada

La macchina calda dietro

Sembra osservarmi oltre il vetro.

E c’è odore di polvere attorno,

Di estate e di tempo che passa lento

Come il vento

Quando dormo e sogno

All’ombra del cotogno.

 

E torno a casa,

Nella casa dove la mia anima riposa,

Dove ogni cosa

È impregnata di ricordi,

Dove verdi germogli sono promesse d’ombra.

E sotto la terrazza nuova

Sul vecchio fico,

Rivedo il me che ero, il bimbo antico.

Anche se è solo un sogno

È della sua purezza, della sua gioventù che ho bisogno.

Lo alletto, lo chiamo

E il paese in fondo tremola oltre quel ramo.

 

Mi sorride

Ma solo per un attimo colgo quel riso

Poi si inonda di lacrime il mio viso.

Il bambino mi saluta e si allontana

Con mia madre accanto

E il paese in fondo tremola oltre il mio pianto.

7 pensieri su “Ramo

  1. Andavi lì quando ci raccontasti che avevi la macchina (credo una 127, ma non ne sono sicura…) piena di piante seguendo la macchina di tuo padre, nelle orecchie le cuffie del walkman e dietro la polizia che tentava di farti accostare?

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