Questo post è scritto a quattro mani con Veronica. Temevo infatti di dimenticare cose importanti e poi ci sono argomenti difficili da trattare senza di lei.

In Tanzania c’è un villaggio che si chiama Pomerini. In questo villaggio c’è una casa. Per la verità ci sono tante case visto che ci vivono quasi tremila persone. Ma fra queste ce n’è una che amo particolarmente. L’abbiamo chiamata Casa Tulime. Non so se “oggettivamente” possa essere definita bella. So di sicuro che chiunque ci abita per un po’ di tempo alla fine se ne innamora. Di sicuro per me essa è “il cantuccio a me fatto”, un luogo dei ricordi, una prospettiva che diventa concreta, “la casa sul confine della sera”, radici.

Si può scendere fino all’Ifuenga, attraversando brevemente un piccolo boschetto, e li soffermarsi sulle rive verdi del fiume a “fare niente”, ad osservare i mulinelli d’acqua che si inseguono all’infinito, sperando che magari un camaleonte venga a farti visita

Ci si può sedere accanto al camino e stare lì “come una cosa posata in un angolo e dimenticata…con le quattro capriole di fumo del focolare”.

Ci si può sedere tutti attorno alla tavola e cenare in allegria con amici di una vita o perfetti sconosciuti arrivati alla casa solo quella sera.

Si può fare il bucato accanto alla porta d’ingresso, o aiutare Mama Novetha a fare il pane. Si può fare una visita agli animali, staccare un gelso dall’albero e mangiarlo, andare nell’agrumeto a vedere come stanno gli alberi.

Si possono lavare i bambini portando nel bagno, al piano di sopra, un secchio di acqua bollente e dalla finestrella scorgere i campi di mais oramai secchi e un volo d’uccelli impresso sul sole che tramonta.

Più di tutti si può dormire nella stanza “della torre” e svegliarsi al mattino per condividere con gli altri la meraviglia di un nuovo giorno.

A Casa Tulime ci sono le api, c’è un water che è diventato un bellissimo vaso che contiene un albero, c’è Ilomo, c’è l’orto, c’è il forno per le pizze, c’è la terra rossa, ci sono i vasi di terracotta. A casa Tulime stiamo tentando di farci stare dentro persino “lo spazio neutro di negoziazione”

A Casa Tulime per adesso ci sono Fulvio, Roberta e Stefania. Presto tanti altri si uniranno a loro, vivranno per un certo tempo nella casa. C’è sopra un cielo infinito di giorno e una trapunta di stella, la notte.

A Casa Tulime ci sono i sacchi della farina e dello zucchero. Il burro d’arachidi e le marmellate locali. Ci sono i saponi gialli, le lenzuola spaiate, i materassi di gomma piuma scivolosi. Ci sono le voci in swahili e in italiano e quella di Mama Novetha che chiama spesso qualcuno a voce alta. C’è la scaletta dove si asciugano ed intrecciano i capelli.

A Casa Tulime spesso vengono i bambini a giocare, c’è la tanica per l’acqua potabile, ci sono tubi che ancora perdono, ci sono gli accumulatori per l’energia che viene dai pannelli fotovoltaici.

A Casa Tulime ci sono le mucche, c’è una capra, galline in numero imprecisato. A Casa Tulime si possono mangiare cose buone fatte da persone diverse con culture diverse. A Casa Tulime si raccolgono spesso i fiori e si mettono nei barattoli della marmellata.

A Casa Tulime batte il cuore di un’associazione.

23 pensieri su “La Casa sul confine della sera

      1. Ok, buona serata Francesco ( ma Veronica scriverà post solo lei o gli farai sempre da anfitrione)
        😉

        p.s. un’ora fa ho parlato deliziosamente con una delle mie amiche in Trinacria!

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  1. Grazie a Veronica e a te per lo splendido racconto. Sai che “ascoltarvi” raccontare di casa Tulime mi ricorda l’atmosfera di un libro di Peter Cameron, “Quella sera dorata”?

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