Nel mio post dell’8 febbraio di quest’anno (Calendario perpetuo) redigevo una piccola lista degli oggetti che nella mia vita sono importanti. Ero sicuro, nel momento stesso in cui la scrivevo, di stare dimenticando qualche cosa. Una di queste (ma di sicuro nei prossimi giorni ne verranno fuori delle altre) è un poster che racchiude in se una serie di significati e valori che hanno a che fare con i ricordi, le esperienze, le relazioni e, quindi e soprattutto, con le persone.
Credo che fosse la fine del 1985 (ma non sono sicurissimo). Era anche la fine della relazione con una persona molto cara e, come avviene spesso in questi casi e quando si è giovani, l’interruzione dei rapporti con un intero gruppo di amici che in una maniera o nell’altra in quella relazione si identificavano.
Era d’altra parte l’occasione per ritrovare amici che appartenevano ad un altro tempo e per cominciare una nuova relazione che mi avrebbe permesso di “inserire” nella mia vita una delle persone che hanno maggiormente influito sulle mie scelte, sulla formazione delle mie idee, una persona che è oggi senza dubbio la mia amica più cara e fra coloro che stimo maggiormente. Questa persona si chiama Giulia.
Con Giulia e con altri amici (quasi tutti legati alla mia esperienza scoutistica) organizzammo una specie di “Fuga a Venezia”. I mezzi e le risorse erano quelli che erano. Di sicuro viaggiammo in treno (ma di questo non conservo ricordo) e alloggiammo in una vera topaia della quale invece conservo un ricordo indelebile (anche se il nome della pensione assieme a gran parte dei “nomi” della mia vita si è nel frattempo cancellato). Credo che fossimo in sette e dormivamo tutti in un’unica stanza.
L’esperienza per tante ragioni fu indimenticabile. Venezia era bellissima come sempre, il gruppo affiatato, la sensazione di rottura con un pezzo della mia vita che allora mi appariva frusto e l’inizio di un nuovo periodo che appariva pieno di novità e opportunità (così come poi è stato) rendeva il tutto ancora più entusiasmante.
Non so come e perché in quei giorni capitammo al Museo Correr dove c’era una mostra di acquerelli ed incisioni di quello che per me allora era un perfetto sconosciuto: Jean-Michel Folon.
Fu una vera fulminazione. Ricordo ancora con che emozione e smarrimento trascorsi un’intera mattinata muovendomi fra le bellissime sale del museo. Insieme a Giulia e agli altri nostri compagni di viaggio ci aggirammo per ore all’interno di quel mondo magico, che scoprivamo solo allora, fatto di figure appena accennate, uomini con il cappello pieno dei loro ricordi e delle loro emozioni, uccelli in volo fra arcobaleni mai visti prima. Un acquerello è rimasto impresso più di tutti nella mia memoria (e avrebbe assunto significati importanti in relazione a mie esperienze future): ritrae uno dei suoi personaggi. L’uomo tiene in mano una valigia, è fermo su una soglia che divide in due l’acquerello fra un “dentro” e un “fuori”. Fuori si susseguono una serie di dune di sabbia, le dune si ripetono identiche oltre la soglia. L’acquerello mi sembra che si intitolasse: “Ritorno a casa”.
Ce ne innamorammo con la facilità con la quale in quel tempo ci si innamorava delle cose belle e buone. Folon ci entrò nel cuore.
Ma ci sono storie che quando cominciano poi ti accompagnano per sempre.
Alcuni mesi dopo un nostro amico che a quel tempo possedeva e gestiva una specie di galleria d’arte/centro culturale (sollecitato da noi?) organizzò a Palermo una mostra dei poster di Jean-Michel Folon nella bellissima cornice dell’Antico Stabilimento Balneare di Mondello (quello che i palermitani chiamano impropriamente “Charleston” dal nome del ristorante che per tanto tempo ha avuto sede in quei locali) . Chiese a Giulia di fargli da interprete. Cominciò un’altra bellissima e piccola avventura che si concluse con un dono a Giulia da parte di Folon: durante il suo ultimo giorno di permanenza a Palermo l’artista prese uno dei poster che pubblicizzavano in quei giorni l’evento e che rappresentava uno dei suoi “uomini con cappello” con la testa piena dei suoi uccelli multicolori, estrasse una delle sue matite “arcobaleno”, tracciò un altro uccello a contornare l’occhio dell’uomo e poi scrisse: “pour Julià de tout coeur” e la sua firma. Giulia volle regalare questo poster a me. Ed esso ora è il “protagonista artistico” della mia camera da letto.
Qualche hanno dopo, alla vigilia della laurea di Giulia, volli provare a ricambiare questo dono che resta fra i più belli ed evocativi della mia vita. Mi diedi da fare come un pazzo per trovare sul mercato qualche cosa di Folon. Grazie ad un gallerista palermitano trovai un suo piccolo acquerello e lo donai a Giulia. Non ricordo il titolo dell’opera, l’unica cosa che ricordo è che dietro il quadro Folon aveva scritto una dedica a Jean Kelly; e questo ancora oggi per me resta un mistero.
Questo post lo scrivo per celebrare la nascita di Folon il cui anniversario ricorrerà fra pochi giorni (l’1 marzo) e la grande amicizia che ancora, dopo 30 anni, mi lega a Giulia.
Emozionata e commossa. Grazie per il ricordo e per l’amicizia.
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